ALEX CAPUS
Schön, Sie kennenzulernen, Herr Capus

Alex Capus (che si legge come Camus, come lui stesso specifica subito per togliere tutti dall’imbarazzo) si interessa solo di storie vere, le uniche a fornirgli il materiale per rispondere alla domanda sorgente di ogni suo scritto: perché l’uomo vive come vive? Cosa vuole davvero?
Capus raccoglie frammenti di vita a contatto con la gente nel suo bar di Olten (cittadina della Svizzera tedesca tra Zurigo e Basilea), sceglie quelli che lo toccano nel profondo per creare storie fluide e intriganti. Che restano intriganti anche se lui comincia dalla fine, svela subito come finisce: voglio che il lettore stia con me perché interessa quello che racconto – dice – non per vedere come va a finire, quindi lo dico subito e mi tolgo il pensiero.

Compie approfondite ricerche storiche per creare strutture solide e credibili, ma la storia resta sempre sullo sfondo delle sue vicende ben costruite di gente normale, mai i potenti. Alla fine, spiega, mi interessa solo l’emozione, come gli uomini hanno vissuto, perché hanno fatto quello che hanno fatto, che cosa li ha mossi dentro. Intorno gli eventi più devastanti o bizzarri (i due amanti in Normandia divisi dalla guerra, che si credono morti e si ritrovano dopo decenni; gli operai tedeschi mandati in Africa a rimontare una nave a vapore smontata in Europa e spedita in migliaia di casse sul lago Tanganica), ma al centro sempre l’uomo e la sua interiorità più profonda e preziosa.
Ci è piaciuto questo ragazzo cinquantenne, che infine risponde all’immancabile domanda sul perché un bar: perché superati i 50 o hai fatto carriera o la cosa non è più rilevante, vuoi un posto dove incontrare le persone a te vicine senza disturbare i ragazzi, quindi ho aperto un “centro giovanile culturale per 50enni”. Dove tutti i lunedì si mette dietro al bancone a servire (sicuramente camomille, ironizza il moderatore Bruno Gambarotta) e firmare i libri per i suoi lettori, che viaggiano volentieri molte ore per incontrarlo.

È un piacere gustare una pils, con te, Alex