Freude
heißt die starke Feder
In der ewigen Natur.
Freude,
Freude treibt die Räder
In der großen W
eltenuhr.
Blumen lockt
sie aus den Keimen,
Sonnen
aus dem Firmament,
Sphären rollt sie
in den Räumen,
Die des Sehers Rohr nicht kennt

Cinque rose scarlatte, afflato di passione ardente per l’armonia sinfonica, accolgono a scena, il pubblico nell’anfiteatro. E le tenui faville che incorniciano l’Arena, danzano sui contrappunti della IX di Beethoven. Non accadeva dal ‘981, ultima esecuzione sotto le stelle, dell’opera 125. A darle conio, culto, candescenza e cromie, è Daniel Oren che, in punta di bacchetta, dirige con ampiezza l’Orchestra e il Coro dell’Arena di Verona, preparato da Vito Lombardi. Note profonde e suggestive, si alternano a quieti pindari. Arpeggi acustici tonali e stretti, si fondono aulici, per anticipare quell’apoteo che ispirò il sommo compositore tedesco ad apporre di proprio pugno, all’Ode alla Gioia di Schiller, l’ultima strofa:

«O Freunde, nicht diese Töne!
Sondern laßt uns angenehmere
anstimmen und freudenvollere
»


celebrata al punto da divenire l’Inno ufficiale della Comunità Europea.

Erika Grimaldi (soprano), Daniela Barcellona (contralto), Saimir Pirgu (tenore), Ugo Guagliardo (baritono), intonano l’Ode: richiamo alla fratellanza ecumenica, alla gioia dell’amore per il prossimo, al valore splendente del voler il bene completo e completante. Le percussioni forti aprono la partitura vocata del baritono e un intermezzo di violini crea l’attesa per il finale innalzato dall’intero coro. E con rapida accelerazione di tempo, in un grandioso crescendo a pieno organico, si esalta la natura beatificante del suono, come messaggio e trasporto di profonda letizia. E al culmine della rincorsa aspra, si dipana la fitta trina di picchi espressivi, felice coniugazione di trilli impulsati e chiarezza di linee melodiche, l’anfiteatro vibra di lampi di gioia, associati a squarci d’ampia luminanza del tappeto romantico del light designer Paolo Mazzon, proiettati sugli spigoli vivi del monumento.
A un bis irrinunciabile del Quarto movimento, Oren risponde con uno scroscio di fulgido spirito europeista, mai tanto importante e vivido come in questo momento storico, a sottolineare la pregnanza e l’intensità che quelle note di valore altissimo, sanno ancora suscitare pensiero libero e grandezza d’orizzonti in chi vuole empiti culturali carichi di senso, in tempi vuoti di virtù etiche.

Foto Ennevi, per Fondazione Arena di Verona. Visto il 15 agosto 2017.