Dopo un’assenza quasi trentennale, torna al Teatro Filarmonico di Verona “Otello” di Giuseppe Verdi. Il titolo con cui, dopo l’anteprima natalizia, Fondazione Arena inaugura ufficialmente la Stagione Lirica 2018, fa parte della programmazione stilata dal Sovrintendente uscente Giuliano Polo, ed ereditata «molto volentieri» dal nuovo Sovrintendente Cecilia Gasdia, che è già proiettata a lavorare sul Festival estivo. Una sorta di rinascita artistica, per il grande soprano: «Ho chiuso la mia carriera di cantante con Otello a Trieste, e con Otello la ricomincio, così diversa dalla prima». La scelta costituisce anche l’occasione di poter celebrare Arrigo Boito librettista, nel centenario della morte, e prelude all’intenzione di ricordare prossimamente il Boito compositore. Quattro sono le date: domenica 4 febbraio 2018 alle ore 15.30 (Prima), con repliche martedì 6 febbraio alle ore 19.00; giovedì 8 febbraio alle ore 20.00; domenica 11 febbraio alle ore 15.30. Al Teatro Filarmonico di Verona Otello è stato messo in scena in tempi moderni solamente nel 1990, mentre in Arena conta un totale di trenta rappresentazioni in cinque Festival, tra il 1936 e il 1994. Per questo atteso ritorno, il melodramma verdiano viene proposto nella coproduzione tra l’Arena di Verona e il Teatro La Fenice di Venezia, che debuttò con grande successo di pubblico e critica nel novembre 2012 sulle scene veneziane, per celebrare il bicentenario della nascita del compositore di Busseto. La regia è di Francesco Micheli, ripresa da Giorgia Guerra. Micheli vanta un rapporto speciale sia con Shakespeare che con Verdi. «Verdi – spiega il regista in conferenza stampa – è il capostipite che più ho frequentato ed è come un padre. Il padre che tutti vorremmo avere, con una grande personalità e che pensa ai propri figli. Egli scrive Otello sapendo che è il suo ultimo lascito e mette a nudo i problemi dell’essere uomini». Sul podio sale Antonino Fogliani, impegnato per la prima volta con questa partitura: «è una fortuna farlo con masse “colte” come Coro e Orchestra areniani, che hanno questi capisaldi nel DNA. La passione e la competenza che si riscontrano in loro, sono di grande aiuto per eseguire al meglio questo repertorio».

Tra le voci protagoniste, debutta nel ruolo del titolo Kristian Benedikt (4, 8, 11/02), tenore lituano che oltre cento volte ha interpretato Otello nei più grandi teatri internazionali e che ha affinato la preparazione con il M° Cecchele; si alterna nei panni del Moro l’inglese Ian Storey (6/02). Impersona Desdemona il soprano veneto Monica Zanettin (4, 8, 11/02), in avvicendamento con Karina Flores (6/02). Jago è interpretato da Vladimir Stoyanov (4, 8/02) e Ivan Inverardi (6, 11/02). Il ruolo di Emilia è sostenuto da Alessia Nadin. Assisteremo ad un altro debutto con Mert Süngü in Cassio, affiancato da Francesco Pittari in Roderigo, Romano Dal Zovo come Lodovico e Nicolò Ceriani in Montano; infine Giovanni Bellavia dà voce a un Araldo. La produzione vede impegnati Orchestra, Coro e Tecnici dell’Arena di Verona e il Coro di voci bianche A.Li.Ve diretto da Paolo Facincani. Le scene sono di Edoardo Sanchi, i costumi di Silvia Aymonino e il lighting design di Fabio Barettin. Otello è la penultima opera di Giuseppe Verdi ed è stata rappresentata per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano centotrentuno anni fa, il 5 febbraio 1887. Verdi si accosta alla tragedia shakespeariana grazie all’editore Giulio Ricordi che lo riavvicina al librettista Arrigo Boito, anche se lo stesso Cigno di Busseto ha sempre nutrito un interesse costante per il drammaturgo inglese. Verdi compone Otello a quindici anni di distanza da Aida, con una maturità musicale che emerge in tutta la sua vividezza e innovazione, distaccandosi dalle forme tradizionali del melodramma italiano, e dopo un percorso personale che lo porta ad addentrarsi sempre più in profondità nell’animo umano, svelandone gli aspetti più nascosti. Il dramma psicologico è esemplare: le passioni dei suoi protagonisti, assolute quanto violente, portano gli stessi personaggi alla distruzione finale.

A questa lettura si ricollega la regia di Francesco Micheli: «Il motore che muove una delle più famose vicende raccontate a teatro è il feroce accanimento distruttivo di Jago verso Otello, odio reso ancor più ributtante dal velo di ipocrisia che ammanta il piano diabolico». Qui emerge la “banalità del male”, tema cruciale per l’uomo del Novecento e sempre più attuale: «Il nemico non è fuori di noi: è un male oscuro, tutto interiore. La nostra intimità è il vero elemento ignoto, ci insegna quest’opera magistrale e ultra-contemporanea. Purtroppo, ora come allora, la reazione a tale amara verità consiste nell’accanirsi contro chi è diverso da noi, sconosciuto e quindi spaventoso». Le scelte registiche poggiano su questo messaggio: uno spazio incubo, in cui il cielo precipita sui destini umani rendendo plastica una riflessione, oggi ancora più urgente, sui valori del bene e del male e del dialogo tra culture diverse. Dal punto di vista dell’esecuzione musicale, assistiamo al debutto del direttore d’orchestra Antonino Fogliani con questa partitura, anche se, come egli stesso afferma, è una “vecchia conoscenza”: «È una di quelle opere che suonavo da quando avevo tredici anni, che ho sempre amato; non è quindi uno studio nuovo, ma l’ho sempre avuta in testa ed ho sempre desiderato dirigerla». Fogliani intende mantenere un approccio filologico, partendo dal rispetto profondo che nutre nei confronti del compositore di Busseto come uomo, oltre che immenso artista, e ravvisa tale grandezza anche nella scrittura musicale: «Come puoi non rispettarla, ci vuole modestia nell’affrontarla. Il punto di partenza è il valore del segno, che è studiato nei minimi dettagli, sia come strumentazione che come prosa della musica». Fogliani afferma che il suo riferimento è la lettura asciutta e severa di Arturo Toscanini, arricchita dalla propria sensibilità personale. La sua predilezione va al ruolo di Desdemona: «Mi attrae come simbolo di una certa purezza in mezzo a tanta malvagità, tra l’ignoranza di Otello e la troppa furbizia di Jago. Nonostante ciò che la circonda, lei segue comunque il suo destino e va incontro alla morte – ne è consapevole per tutto il IV atto – senza mai cambiare la sua natura. Mentre Jago, alla fine, ha paura. Quando sussurra “La morte è il nulla” non lo dice gridando, ma scende fino al si bemolle, in pianissimo e senza orchestra: lì, su quella pausa, ha paura ».

Con Otello prosegue l’iniziativa “Ritorno a Teatro” rivolta al mondo della Scuola all’interno della proposta “Arena Young 2017-2018”, con due incontri rivolti agli studenti, che prevedono anche il momento introduttivo “Preludio all’Opera”.

Contributo fotografico della prova in scena: Foto Ennevi per Fondazione Arena di Verona

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