Gli schermi laterali, sorretti da strutture poggianti sui dislivelli dei gradoni dell’anfiteatro, hanno inquadrato il backstage. Nel suo camerino Roberto Bolle, intento a sistemarsi davanti allo specchio, si è alzato e ha iniziato a correre per raggiungere il palcoscenico, seguito dalle telecamere finché l’immagine reale si è si sovrapposta a quella virtuale.

Dal buio degli arcovoli alle luci della ribalta. Un’autocitazione del fulmineo tragitto catartico al termine del quale la persona si è trasformata nell’interprete, in forma smagliante. La musica (purtroppo registrata) ha martellato un ritmo rock, ormai diventato una sorta di sigla d’apertura. L’Étoile si è librato in aria in una piroetta che ha confutato le leggi della gravità ed è ricaduto in un inchino rivolto alla folla, preludio di un “campionario” di passi a ruota libera. I fans sono esplosi in un boato fragoroso, mentre il sole stava tramontando e la tradizionale accensione delle candelette cedeva il posto al disegno luci di Valerio Tiberi.

Un successo annunciato, previsto, confermato, il sesto ritorno all’Arena di Verona di Roberto Bolle: scoperto da Nureyev, Étoile della Scala di Milano e contemporaneamente Principal Dancer dell’American Ballet Theatre di New York, Cavaliere della Repubblica, ambasciatore Unicef, collaboratore del Fai con cui ha portato la grande danza in luoghi inusuali, applaudito da Papa Giovanni Paolo II dalla Regina Elisabetta e da Putin, nonché, nel marzo 2009, nominato Young Global Leader dal World Economic Forum di Davos. Colui che anni fa sui social (assieme al collega Simkin) si definì un gladiatore, ha ancora una volta entusiasmato per la potenza muscolare unita alla dolcezza espressiva, elementi che incarnano in lui il concetto di estetica.  
Il parterre era formato da ragazze di ogni età, adolescenti o agée, identificabili al primo sguardo come danzatrici, e da osservatori esperti, in grado di comprendere appieno la natura eccelsa della proposta. Tutti pronti a spellarsi le mani nei passaggi tecnicamente arditi, nei momenti di sublime interpretazione, senza nascondere gridolini di soddisfazione quando la star ha mostrato il fisico scultoreo. Del resto, il balletto è anche esaltazione del vigore e della bellezza del corpo.
La formula collaudata del Gala, coproduzione tra Fondazione Arena e Artedanza, è stata per il primo anno replicata in due sere entrambe sold-out o quasi. Una carrellata di scuole e di stili, dal classico al moderno al contemporaneo e con passaggi inediti, portata a termine assieme ai nove Friends, amici ai vertici delle scene mondiali, molti dei quali lo hanno accompagnato anche lo scorso anno. Un programma dedicato prevalentemente ai passi a due seguiti da impegnative variazioni virtuosistiche che hanno singolarmente messo in luce le peculiarità dei protagonisti.

La giapponese Misa Kuranaga e l’italiano Angelo Greco,entrambi Principal Dancer del San Francisco Ballet, hanno aperto la serata all’insegna della morbidezza e della fresca eleganza giovanile nel classico Pas de deuxda Coppelia, e si sono impegnati nel secondo tempo nelle Soirées musicales su una composizione di Britten. Il russo Daniil Simkin, Principal Dancer dell’American Ballet Theatre di New York, si è presentato in veste di solista nello spiritoso, benché intriso di sottile malinconia, Les Bourgeois, brano che ha richiesto spiccate doti attoriali e di flessuosità nei movimenti, con salti di grande scuola che sono sembrati acrobatici tanta è stata l’apparente facilità con la quale sono stati svolti, e che hanno riscosso applausi a scena aperta. Simkin è poi tornato in coppia con la georgiana Maia Makhateli, Principal Dancer del Dutch National Ballet di Amsterdam, in un estratto da Don Chisciotte, celebre per le impervie difficoltà tecniche e per i virtuosismi solistici, risolti in maniera impeccabile e brillante. I primi ballerini del Teatro alla Scala di Milano Nicoletta Manni e il lettone Timofej Andrijashenko hanno suscitato consensi campanilistici ancor prima di aver iniziato il Grand pas classique, elogio alla danza di Auber in cui hanno entusiasmato per l’unisono, per la precisione e per il portamento aristocratico.

Bach duet è stato il primo brano ad aver dato spazio all’intensità interpretativa di Roberto Bolle con Elena Vostrotina, Principal Dancer del Ballett Zürich, in un concentrato di energia. La coppia si è riformata nella seconda parte, sempre in una coreografia di William Forsyte, In the middle somewhat elevated, una pulsazione forte come una extrasistole. Uno dei momenti di maggiore intensità è stato il duo al maschile con Alexandre Riabko, Principal Dancer dell’Hamburg Ballett, per inneggiare alla fratellanza tra amici e alla comunione artistica. Infatti Opus 100 – für Maurice, la centesima creazione coreografica di Neumeier, fu da quest’ultimo dedicata a Béjart quando compì settant’anni: sulle note contemporanee di Simon and Garfunkel, i due ballerini si sono mossi in modo speculare oppure hanno intrecciato le loro membra e i loro volti fino a formare una figura unica, esprimendo sintonia di movimenti, di pensiero e di cuore, con risultati di autentica commozione. Bolle è inoltre apparso in coppia con la talentuosa Guest Artist Stefania Figliossi nella Cantata sulla Serenata di Amerigo Ciervo del gruppo folk sannita iMusicalia.

Lo spettacolo ha raggiunto l’apice della suggestione quando il lirismo dell’uomo si è relazionato alle forme poetiche generate dalle macchine. In Waves, sulle note di un ibrido musicale che ha sovrapposto il lieder dei Subsonica Davide “Boosta” Dileo ed Eirk Satie, la coreografia di Massimiliano Volpini(non nuovo a “invenzioni” spettacolari)ha portato il protagonista a danzare assieme a un raggio laser che ha interagito con lui, aprendo o stringendo il proprio cono luminoso e regalando magnifici effetti visivi, prima di lasciarsi racchiudere nel palmo della mano.
Passerella finale con l’immancabile selfie della Compagnia e interminabili ovazioni. Tanto che, una volta usciti dall’anfiteatro e raggiunto l’arco che delimita piazza Bra, ancora si potevano udire le insistenti chiamate alla ribalta per quella che era stata vissuta come un’entusiasmante festa collettiva, glorificante la danza di qualità.

Recensione di Maria Luisa Abate

Visto all’Arena di Verona il 17 luglio 2019

Contributi fotografici Andrej Uspenski e ©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona