Il Mart presenta la prima esposizione antologica in Italia dedicata a Richard Artschwager. Volta alla comprensione dello spazio, degli oggetti quotidiani e della percezione, la poetica di Artschwager si è imposta come un unicum nell’arte del secolo scorso. Il percorso espositivo evidenzia i principali nuclei della ricerca dell’artista con opere realizzate tra gli anni Sessanta e il primo decennio del Duemila.

«Quest’opera è saldamente ancorata a due mondi nello stesso tempo: il mondo delle immagini, che può essere appreso ma non afferrato fisicamente, e il mondo degli oggetti, che è lo spazio che noi stessi occupiamo». «Ciò che m’interessa più di tutto è quella linea di demarcazione fra cose ordinarie e cose che riconosciamo come opere d’arte». R. Artschwager

La tanto attesa mostra su Richard Artschwager (1923 Washington, DC – 2013 Albany, New York) è il frutto di una straordinaria collaborazionecon il Guggenheim Museum Bilbao, che per molti versi è stato modello per il Mart e la sua realizzazione. Entrambi sorti in contesti post-industriali ripensati nella prospettiva di uno slancio culturale garantito dalla rivisitazione urbanistica di fine millennio, progettati da due archistar – il canadese Frank O. Gehry e il ticinese Mario Botta– celebri per le collezioni sull’arte del Novecento e per le grandi mostre temporanee, i due musei hanno siglato una partnership epresentano insieme un grande progetto di ricerca a cura di Germano Celant. Prima in Italia, dal 12 ottobre al 2 febbraio, la mostra sarà poi ospitata nei Paesi Baschi dal 28 febbraio al 10 maggio 2020.

La retrospettiva curata da Celant è l’occasione per uno straordinario viaggio nell’opera di un artista che ha ripensato l’oggetto e il campo operativo dell’arte.
A Rovereto sono presentati i principali capolavori di Artschwager grazie ai generosi prestiti di alcune delle maggiori Collezioni del mondo come Whitney Museum of American Art(New York), Broad Art Foundation (Los Angeles), Tate (Londra), Fondation Cartier pour l’art contemporain (Parigi), Fondazione Prada (Milano), Emanuel Hoffmann Foundation (Basilea), Museum Ludwig (Colonia) e alla collaborazione di alcune tra le più prestigiose gallerie internazionali come Gagosian (New York), Georg Kargl (Vienna), David Nolan (New York), Xavier Hufkens (Bruxelles), Sprüth Magers (Berlino) e Galleria Artiaco (Napoli).

Il percorso espositivo, studiato da Celant come un labirinto aperto, evidenzia con circa 80 opere, dai primi anni Sessanta del Novecento al primo decennio del Duemila, i principali nucleidella ricerca di Artschwager: dalle strutture in legno e formica ai dipinti su celotex, dalle sculture in setole di nylon ai “corner pieces”, senza dimenticare le opere in crine e i blp di piccola dimensione o ambientali ai quali l’artista lavora dal 1968 in poi.
Nella sua lunga e articolata carriera, Artschwager costruisce con le sue sculture e i suoi dipinti un percorso unico nell’arte del XX Secolo, in equilibrio fra artigianalità e industrializzazione, volto alla comprensione dello spazio, degli oggetti quotidiani e delle persone che lo abitano.

Al Mart l’allestimento offre un ritratto ricco e articolato del lavoro di Richard Artschwager che pone continue domande su apparenza ed essenza degli oggetti, tra le aspettative dell’esperienza e la realtà. A tal proposito, scrive Germano Celant nel catalogo che accompagna la mostra: «È su tale ambivalenza tra realtà e apparenza che si sviluppa il discorso visivo dell’artista sulla necessità di mettere in discussione il dogmatismo iconografi co fra tendenze (come fra Pop Art e Minimal Art) che, apparentemente, si dichiarano antitetiche e conflittuali, mentre la molteplicità delle relazioni e delle associazioni fa parte del linguaggio aperto dell’arte. Siccome non sussiste un unico ordinamento mentale e visuale, Artschwager evita le contrapposizioni e pratica una sintesi che include e tiene insieme gli elementi, seppur diversi. Per ottenere questo risultato lavora sulla loro tensione che, non dovendo rispondere a richieste e a esigenze specifiche, rimane in sintonia con una concezione evolutiva del comunicare: quella della dinamica ambigua e mutante dei media che fluttuano in un continuum, plasmato da un fluido di informazioni perpetuamente variabili. La sua posizione rifiuta pertanto la rigidità e l’indurimento, la sclerosi e l’inflessibilità, la frattura e la contrapposizione. Opera sulla trasversalità dell’oggetto, che gli serve a mantenere vitale la fluidità delle materie che si intrecciano alle immagini».

E ancora: «Un flusso tra le parti adottato da Artschwager così che l’oggetto, si affermi come cambiamento stupefacente, dove il banale si mescola all’artistico. In questo modo egli evita la monotonia concettuale della Minimal Art e la frivolezza organizzata della Pop Art, per promuovere un ritorno all’esperienza della cosa, affidata all’osservatore, invitato a riflettere sulla dualità del vedere e del toccare che riguarda l’idea oppure la realtà».
Artschwager affronta quindi la rappresentazione di luoghi, scene di vita quotidiana e oggetti d’uso comune come tavoli, sedie, cassettoni, interpretati attraverso l’uso di nuovi materiali industriali quali la formica, il celotex, la pittura acrilica, il crine.
Nella sua opera, sia pittorica sia scultorea, un foglio anonimo di formica simil-noce è sia sé stesso sia una rappresentazione di un piano di legno; un tavolo o una sedia sono contemporaneamente mobili, sculture e immagini; un dipinto o una scultura possono essere una “multi-immagine” o “natura morta tridimensionale”.

Spiega Celant che l’artista è «cosciente del concetto di peso e d’ingombro, di materiale, naturale e industriale, di nozione di spazio e di ambiente, evitando qualsiasi teorizzazione, così che la sua “corsa” sia possibile solo in unità sintetica ed empatica con i luoghi della vita quotidiana, tramutati in arte».
Artschwager mette in primo piano le strutture della percezione, indagando il mondo delle immagini, degli oggetti e dello spazio occupato dall’essere umano. Le opere sono visivamente legate alla vita quotidiana, sono prodotte in legno e formica e a volte decorate con materiali diversi o dipinte, così da suggerire uno straniamento tra l’oggetto conosciuto e la sua astrazione.
A questi aspetti si aggiunge, in particolare nella produzione scultorea, l’attenzione alla forma geometrica pura che porta all’astrazione e all’uso di figure solide accompagnate da un senso di illusionismo pittorico.

Le opere esplorano lo spazio riflettendo sulle possibilità ottiche degli oggetti e dei materiali: nei mobili realizzati in due dimensioni, come appesi alla parete, o nell’uso degli angoli architettonici quali fulcro della composizione plastica. Anche in pittura Artschwager prosegue la sua ricerca illusionistica, decorando le cornici con pattern bianchi e neri che scandiscono la composizione e al tempo stesso disorientano lo spettatore. Questa ambiguità è una vera e propria esplorazione delle tensioni e delle contraddizioni insite nella definizione di oggetti ed esperienze familiari.
L’arte di Artschwager pone continue domande su apparenza ed essenza, affacciandosi con ironica intelligenza sui territori dell’ontologia, dell’epistemologia e dell’estetica. Una ricerca che propone una lettura del mondo delicata e realistica, umoristica eppure monumentale.
In occasione della mostra, il Mart dà alle stampe una fondamentale pubblicazione che ripercorre la vita di Richard Artschwager, dando conto degli eventi più significativi della scena internazionale nella quale l’artista si muove. Edito da Silvana Editoriale, l’ampio volume presenta un corposo saggio del curatore Germano Celant e una ricca cronologia corredata da più di 200 riproduzioni delle opere, fotografie e documenti d’archivio. Vengono inoltre pubblicati testi dell’artista.

C.S.M.
Fonte: Area Stampa Mart

RICHARD ARTSCHWAGER
12 ottobre 2019 – 2 febbraio 2020

MartRovereto
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