ph Guido Mario Pavesi

E luce fu. Luminosità, brillantezza, fulgore, smalto sono i primi aggettivi che vengono in mente riguardo al concerto della Chamber Orchestra of Europe diretta da Daniel Harding, accoppiata d’eccellenza stilistica, tecnica ed espressiva rasentante la perfezione. Il concerto tenuto al Teatro Sociale di Mantova è tra quelli da segnare nel libro d’oro di Tempo d’Orchestra, Stagione di Oficina OCM. In programma, le Danze slave II serie op.72 di Antonín Dvořák e la Sinfonia n.2 in re maggiore op.73 di Johannes Brahms.

Due compositori legati tra loro: le qualità del giovane ceco furono subito riconosciute dal tedesco, che lo presentò al proprio editore, favorendone così la carriera. Brahms (Amburgo 1833 – Vienna 1897) si agganciava al passato, continuando una tradizione compositiva che sentiva propria e cui diede nuova vitalità; mentre a Dvořák (Nelahozeves 1841 – Praga 1904), che pure attinse al modello brahmsiano, interessava l’affermazione della musica nazionale. Le Danze, che gli dettero subitanea fama, sono la reinvenzione personale di schemi o ambiti del folclore popolare slovacco, ucraino, boemo, polacco e serbo. In questa seconda serie, rispetto alla prima, la rielaborazione raggiunge una straordinaria ricchezza di strumentazione e le armonizzazioni si fanno audaci. Elementi che Harding ha sviluppato con tempi incalzanti che hanno trascinato in vortici espressivi d’entusiasmante vivacità coloristica, imprimendo netti contrasti tra le danze più esuberanti e quelle dall’aura raccolta, nella gioiosità irradiante bagliori.

La seconda parte ha assunto densità nell’affrontare la contrapposizione che Brahms, compositore e ottimo orchestratore, operò tra due diversi materiali, sui quali innestò citazioni, trasformati e collegati con elementi di transizione. Una Sinfonia sovente definita Pastorale per le atmosfere naturalistiche benché non disgiunte dalle tensioni liriche, in uno sfoggio di contrasti timbrici dolci, o vivaci, o malinconici, sempre di serena cantabilità. Harding ha tarato su sonorità ancora più compatte il proprio gesto, molto chiaro e di palpitante sensibilità, guidando la compagine orchestrale con fermezza e al contempo ponendone in risalto le eccellenze. Infatti la COE è formata da elementi dalle importanti carriere soliste, o da primi strumenti, e ha confermato la propria fama rispondendo alle direttive del podio con tecnica marmorea, con coesione ineccepibile, con attacchi al fulmicotone, con intonazione adamantina, con capacità interpretativa e comunicativa. Il risultato, per Brahms, è stato di una gioiosità di “robusta delicatezza” mentre i colori si sono fatti liquidi e il respiro fluido.

Un tour imperdibile non solo per la qualità eccelsa. Dalle alte vette della carriera internazionale (ex assistente di sir Simon Rattle e di Claudio Abbado dei quali è degno erede, direttore dei Berliner Philarmoniker, dei Wiener, della Mahler Chamber, dell’orchestra della Scala, per citare una minuscola parte dell’elenco imponente delle collaborazioni) Harding intende spiccare il volo per raggiungere altitudini di ben diversa natura. Il britannico di Oxford è noto come il direttore-pilota e pochi mesi or sono, in concomitanza con il suo quarantaquattresimo compleanno, ha annunciato in un twitter che sta per prendersi un anno sabbatico. È stato infatti assunto come pilota di linea da Air France e dalla prossima estate sarà alla guida di un Airbus 320, dapprima sulle rotte europee poi a largo raggio. L’attività musicale sarà ridotta ma, assicura, non abbandonata. Ce lo auguriamo di cuore.

Recensione Maria Luisa Abate for DeArtes

Visto al Teatro Sociale di Mantova – Tempo d’Orchestra, il 29 ottobre 2019
Contributi fotografici: MiLùMediA for DeArtes; Guido Mario Pavesi