La reggia gonzaghesca di Mantova, chiusa come tutti i musei italiani fino al 3 aprile, non rinuncia al suo compito civico di promozione culturale. Già pubblicate nuove rubriche di approfondimento su web e canali social
In coerenza con le campagne MiBACT #iorestoacasa e #litaliachiamò, Palazzo Ducale vuole rimanere vicino ai cittadini nonostante questi giorni di chiusura forzata. E lo fa utilizzando i suoi strumenti digitali – gratuiti e accessibili a tutti dai nostri smartphone – al fine di perseguire il suo dovere costituzionale di “sviluppo della cultura” in base all’art. 9 della Costituzione Italiana.

Attraverso le rubriche #luoghidipalazzoducale, #palazzoducalescomparso e #palazzoducalenascosto pubblicate sul sito web della reggia (www.mantovaducale.beniculturali.it) e sui suoi canali social (facebook, twitter e instagram), potremo approfondire alcuni aspetti della storia di questo straordinario complesso in una vera e propria visita virtuale in pillole. Una serie di articoli inediti, scritti e curati dai funzionari del museo, illustreranno luoghi più o meno noti del vasto complesso gonzaghesco.

Si parte naturalmente dalla Camera degli Sposi, descritta in via eccezionale dalle parole del fu Sovrintendente Giovanni Paccagnini (1910-1977), diventato celebre per aver riportato alla luce il superbo ciclo di affreschi del Pisanello durante i restauri degli anni Sessanta. Si prosegue con la descrizione della scomparsa Palazzina della Paleologa attraverso il racconto di Stefano L’Occaso – storico dell’arte – che riassume l’articolata vicenda della sua demolizione avvenuta a fine Ottocento. Michela Zurla – storica dell’arte –  illustra invece alcuni luoghi poco conosciuti del palazzo come le Stanze delle città e la Sala dei Paesaggi all’interno della Domus Nova di Luca Fancelli (1430-1502cc) conclusa successivamente da Anton Maria Viani (1550cc-1635cc). Con Maria Lucia Masciopinto – funzionario architetto – scopriremo la fisionomia storica di un pezzo di piazza San Pietro, l’attuale piazza Sordello, e in particolare quella curiosa esedra (demolita nel 1901) che creava un ingresso monumentale all’attuale piazza Castello. E non poteva mancare – a cura dell’archeologa Mari Hirose – l’approfondimento dedicato alle chicche della collezione del Museo Archeologico Nazionale.

Tutto questo e molto altro ancora viene pubblicato in itinere sul sito istituzionale di Palazzo Ducale e sui relativi social, con la cadenza di uno o due articoli al giorno. Invitiamo tutti a seguire con assiduità queste preziose pillole di cultura mantovana, presentate in maniera semplice e sintetica. Un modo piacevole per approfondire il “nostro” patrimonio culturale in un momento così particolare e un’occasione per conoscere meglio quello straordinario “palinsesto stratigrafico” che è il Palazzo Ducale di Mantova.
#laculturanonsiferma

#DANTEDÌ
Indetta dal MiBACT la prima edizione della giornata dedicata al sommo poeta: Palazzo Ducale ha aderito all’iniziativa con alcuni articoli pubblicati su web e social sui legami tra Dante e la città di Mantova.
#Dantedì e #IoleggoDante 
«Dante è la lingua italiana, è l’idea stessa di Italia» ha affermato il Ministro Dario Franceschini. Perché proprio il 25 marzo? È il giorno individuato dagli studiosi per l’inizio del viaggio ultraterreno che Dante racconta in versi nella celeberrima Divina Commedia. Dato che non mancano riferimenti al sommo poeta nell’articolata storia della reggia dei Gonzaga, una serie di articoli sono comparsi sul sito web e sui social.
Come primo esempio possiamo citare il ritratto di Dante presente nella Galleria degli Specchi, i cui affreschi – eseguiti attorno al 1618 – spettano a una variegata equipe di pittori. Il dettaglio nel quale sono raffigurati alcuni poeti, tra i quali riconosciamo Dante Alighieri, è nello specifico opera della bottega di Antonio Maria Viani. La Galleria degli Specchi, com’è noto, nacque come loggia aperta sotto il Duca Vincenzo I e fu poi tamponata e decorata sotto il suo successore Ferdinando. La sua trasformazione da “loggia” in “galleria” gli valse il nome “logion serrato”, servendo da luogo espositivo per la portentosa collezione d’arte gonzaghesca in aggiunta alle altre gallerie del palazzo. Collezione che di lì a poco, sotto Vincenzo II, sarà venduta al Re d’Inghilterra e poi in gran parte dispersa con il sacco del 1630.
Ed è proprio all’interno della collezione gonzaghesca che troviamo altri spunti sul legame tra Dante e Mantova. Andando a ritroso nel tempo, ai tempi di Francesco I, l’inventario del 1407 segnala la presenza di ben due copie della Divina Commedia tra le opere in possesso della famiglia Gonzaga, allora semplici “capitani del popolo” che sarebbero diventati “marchesi” con Gianfrancesco nel 1432. Alla voce n.1 e n.2 della lista “…librorum in lingua vulgari” (libri in lingua “volgare”, l’italiano dell’epoca contrapposto al latino “colto”) si trovano le diciture “primo liber Dantis glosatus” e “Item Dantes” alle quali seguono la celeberrima citazione dell’incipit “Nel mezzo del camin di nostra vita…” che non lascia dubbi su quale sia l’opera in questione.

Ma il legame tra Dante e Mantova è ben più radicato grazie ai natali della guida del suo viaggio ultraterreno: stiamo parlando di uno dei personaggi chiave della Commedia, il poeta Publio Virgilio Marone nato nei dintorni di Mantova nell’anno 70 a.c. e morto a Brindisi nel 19 a.c. di ritorno da un viaggio in Grecia. Egli accompagna Dante – com’è noto – attraverso la sua discesa all’Inferno e la salita del Purgatorio, lasciando a Beatrice il compito di guidare il poeta durante l’ascesa al Paradiso. A Virgilio – come tutti i mantovani sanno – è stata intitolata una piazza dove svetta il suo monumento ad opera di Luca Beltrami ed Emilio Quadrelli, inaugurato nel 1927. Questo bel lembo verde di città era stato per secoli invaso dalle acque del Lago di Mezzo e occupato dal porto di Sant’Agnese, prima che il generale francese de Miollis lo trasformasse nel 1797 nel parco che oggi conosciamo sotto il nome di piazza Virgiliana.

E infine: Dante soggiornò mai a Mantova? La questione è controversa e legata a un’opera tarda attribuita al sommo poeta. La “Quaestio de aqua et terra” è la trascrittura di un intervento in dibattito pubblico verificatosi nella chiesa di Sant’Elena a Verona il 20 gennaio del 1320. Qui Dante avrebbe precisato a una folta platea di personaggi colti e influenti alcuni temi legati alla sua concezione del cosmo. Gli studiosi non sono tutti concordi, ma se il manoscritto fosse stato davvero redatto da Dante stesso, ne certificherebbe il soggiorno mantovano, come esplicitamente indicato nell’incipit: “Manifestum sit omnibus vobis quod, existente me Mantue, questio quaedam exorta est, que dilatrata multotiens ad apparentiam magis quam ad veritatem, indeterminata restabat” (“A tutti voi è noto come, trovandomi a Mantova, sorse una questione già più volte dibattuta, ma sempre con argomenti che avevan più l’aria del sofisma che del vero; e che, tuttavia, restava ancora indefinita”).

C.S.
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