Per due settimane, ventisei cartelloni pubblicitari di grande formato dislocati in tutta la città saranno il luogo espositivo scelto dal fotografo Alessio Bolzoni, che invade Milano con un progetto d’arte pubblica per accompagnare le persone durante questo nuovo inizio.

Alessio Bolzoni (Crema, 1979), fotografo riconosciuto a livello internazionale per il suo lavoro di ricerca sull’immagine, vive e lavora a Londra, ma ha deciso di trascorrere la quarantena a Milano. Al termine del lockdown, passeggiando nelle strade della città restituite alla libera circolazione, Bolzoni ha avvertito l’esigenza di una corrispondenza con le persone, proprio nel momento delicato della ripartenza. Nasce così Action Reaction. Billboard Project, speciale progetto di arte pubblica curato da Teresa Macrì. Una sorta di dedica a Milano in questo momento storico eccezionale, che vede la città e la sua popolazione ricostituirsi e riorganizzarsi. 

Da giovedì 11 a domenica 21 giugno, ventisei cartelloni pubblicitari di grande formato, collocati nei luoghi più rappresentativi del tessuto cittadino – 16 punti espositivi, da viale Forlanini a Corso Lodi, da Piazzale Aquileia a via Carlo Farini – strutturano un percorso diffuso e circolare fruibile al pubblico attraverso una mappa dedicata che permetterà di intercettare le opere lungo il proprio cammino. In questa fase di rinascita e ripartenza che caratterizza Milano, l’Italia e tutto il mondo colpito dall’emergenza sanitaria, la ricerca e la costruzione di una nuova normalità trova riverbero nei soggetti ritratti dai manifesti di Bolzoni.

Ventisei differenti immagini minimal e di grande pulizia formale che rappresentano corpi in tensione. Action Reaction presenta scatti di identità molteplici che assumono posizioni innaturali, aggrovigliando, contorcendo i propri arti in un alternarsi di forze opposte e contrarie e restituendo così l’idea di un corpo immaginario che si fonde con il corpo della città e che ne afferra e ne mastica il sentimento reattivo. 

Giovane autore di lunga esperienza, attivo nell’ambito della fotografia commerciale e di prodotto, Alessio Bolzoni ha dato avvio sin dal 2010 un’intensa attività di ricerca tecnica e formale sul corpo. Dopo la riflessione sul corpo vegetale, documentata dalla serie Abuse (2016) che sviluppava il concetto di uso e abuso attraverso la lente di una natura in lento consumo, costituita dai fiori della propria abitazione, Bolzoni ha prodotto un nuovo progetto fotografico incentrato sul corpo umano. Abuse: the Uncanny (2018), distribuito a Milano c/o Armani Libri, a Parigi c/o The Broken Arm, a Tokyo c/o Totodo Books, raccoglie un’ampia selezione di scatti dedicati a una vitalità sospesa, ritratta attraverso le torsioni di individui su sfondi neutri. Action Reaction nasce all’interno di questa nuovo ambito di ricerca, estendendo alla dimensione pubblica le visioni dell’artista. L’idea di Alessio Bolzoni di utilizzare lo spazio pubblico come luogo espositivo generalizzato e diffuso origina dalla complessa situazione emergenziale globale di questi ultimi mesi e dalla convinzione che lo spazio dell’arte debba convertirsi e contestualizzarsi alla realtà che la contiene.  

TESTO CRITICO di Teresa Macrì 
Action Reaction di Alessio Bolzoni innesta, in una geometria fotografica espansa, atti performatici attraverso cui i corpi e le identità che le abitano alludono ad atti di contrasto fisico, di tensione muscolare, di peripezie acrobatiche, contrazioni, sbilanciamenti, torsioni, flessioni, cadute e rialzi. Sono corpi irrequieti e reattivi, dunque, che nel loro groviglio, avviluppamento, estensione, stiramento e contorsione rimandano, nel loro mood, alle provocanti e memorabili azioni della Performance Art. E, contemporaneamente, nella loro essenza, sono corpi simbolici che sfidano la temperie del tempo, la sua perturbante attualità e la spingono alla reazione in un impulso rigenerativo. Le fotografie di Bolzoni, realizzate nella asetticità dello studio, offrono un caleidoscopico reiterarsi di identità molteplici nell’atto comune di action/reaction, ossia in cerca di una simmetria di forze opposte che si armonizzano. In questo tentativo, i corpi non possono che sperimentare inimmaginabili posture per liberarsi di una forza accumulata e trattenuta, per scrollarsi dallo stato di quiete e sottrarsi all’inazione. Nonostante essi non si configurino come inattivi, tantomeno assoggettati all’abbandono o al senso di caduta e di perdita ma si manifestano come corpi sensibilmente elettrici, inquieti e ansiosi. Nella loro seduzione estetica e nel loro flusso narrativo, esplicano una spinta al contrattacco e al loro farsi atto di resistenza. E come tali, nella loro immaginata e pensata dislocazione spaziale (tale è l’idea di Bolzoni) fungono come intermittenze e intrusioni nell’environment diffuso offrendosi come tentacoli di ri-territorializzazione urbana. Sono dunque corpi immaginati che si fondono con i corpi reali che attraversano, decostruiscono e riscrivono la città continuamente. Per un processo empatico, quasi una magia, la stampa fotografica vuole fondersi con la pelle della città, prolungarsi in essa e coglierne il soffio. Mi viene in mente Michelangelo Antonioni che nell’esplicare il senso del suo film Blow up (1966) affermò: «Il mio problema per Blow-up era quello di ricreare la realtà in una forma astratta. Io volevo mettere in discussione “il reale presente”. Non bisogna lasciare che un film finisca con la fine del film, ma bisogna fare in modo che il film si prolunghi proprio all’esterno di se stesso, proprio dove siamo noi». Questi corpi ribelli di Bolzoni esprimono la stessa fascinatoria attitudine, il loro essere slabbramento, dilatazione e prolungamento del respiro della realtà. Teresa Macrì 

C.S.
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