La Galleria d’Arte Moderna di Torino presenta la mostra dedicata ad Alighiero Boetti (1940 – 1994), terzo appuntamento del ciclo espositivo nato dalla collaborazione tra l’Archivio Storico della Biennale di Venezia e la VideotecaGAM. Tra i primi tentativi d’interpretazione del video come linguaggio artistico ebbero fortuna i parallelismi tra monitor especchio. Dopo i Doppelgänger della letteratura ottocentesca e le inquietudini oniriche del Surrealismo, l’immagine acircuito chiuso reintrodusse il tema del doppio nello studio d’artista lasciando che il tempo dell’opera si biforcasse tra il presente e la sua riproduzione istantanea. Davanti all’obiettivo della telecamera l’artista agiva e vedeva agirsi,riscoprendosi spettatore di sé stesso e metà di una coppia.

Quando Gerry Schum alla fine degli anni Sessanta invitò Alighiero Boetti a produrre un video, l’artista aveva già realizzato il lavoro fotografico Gemelli, 1968, e il tema del doppio, centrale nel suo lavoro da allora in poi, trovava suggello in una sedicesima lettera, aggiunta tra nome e cognome, nella firma dell’artista: Alighiero e Boetti. Quell’aggiunta sanciva un’identità al quadrato ma anche uno scarto sorprendente dallo schema dell’asettica tautologia concettuale.

Boetti Senza Titolo da Gerry Schum

Nel primo video presentato in mostra, Senza titolo del 1970, parte della raccolta Identifications di Gerry Schum, Boetti decide di volgere le spalle all’occhio della telecamera. Così facendo trasforma il proprio corpo in un segno nero verticale contro un muro bianco, posto al centro dell’inquadratura. Le sue mani iniziano a scrivere contemporaneamente verso destra e verso sinistra, fin dove la lunghezza delle braccia aperte gli consente di arrivare. In questo gesto l’artista diviene asse di uno spazio che va aprendosi nel tempo. Boetti intreccia il tempo e il doppio, i due aspetti fondamentali del linguaggio video e del suo lavoro.

Boetti non scinde mai il proprio lavoro dalle parole, legandole alle immagini e facendo di esse un’opera visiva, là dove afferma che il suo scrivere con la sinistra è un disegnare. Tutto questo si traduce in uno dei suoi più noti ritratti fotografici: Strumento musicale del 1970, scattato da Paolo Mussat Sartor e presente in mostra, dove l’artista appare con le mani posate sui un curioso banjo ambidestro, da cui si immagina possano scaturire due diverse musiche speculari.

Boetti Senza Titolo da Gerry Schum

A chiudere l’esposizione nel segno del doppio, il video Ciò che sempre parla in silenzio è il corpo, realizzato da Boetti nel 1974, parte delle raccolte dall’Archivio Storico della Biennale di Venezia. L’opera offre una riflessione speculare del primo video, mutandone esclusivamente la frase scritta dall’artista. L’incipit è il medesimo: alle due curve contrapposte e congiunte della G iniziale di “Giovedì” si sostituisce la duplice curva della C di “Ciò” e, nel divaricarsi progressivo delle braccia, le parole del titolo, scritte a matita sul muro, danno voce al corpo che resta al centro silenzioso, origine del tutto e matrice del doppio.

M.F.C.S.
Fonte: Ufficio Stampa Gam 12 ottobre 2020
Immagine di apertura:
Alighiero Boetti, Strumento musicale, 1970, foto di Paolo Mussat Sartor

ALIGHIERO BOETTI
22 ottobre 2020 – 21 febbraio 2021
Prorogata fino al 12 settembre
Ingresso libero

VideotecaGAM
Via Magenta, 31 Torino
t. 011 4429518 
www.gamtorino.it

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Alighiero Boetti, Senza titolo, 1970, da Identifications di Gerry Schum (still frame)