A volte le diversità si attirano, si compensano e si arricchiscono, come accade in un campo magnetico in cui i due poli opposti si attraggono e, in questo processo, favoriscono il parallelismo dei magneti dell’altro, acquisendo entrambi maggiore potenza. Esattamente questo si è verificato tra Mario Brunello e Giovanni Sollima, dai caratteri e dagli stili diversi eppure affini, accomunati dalla continua ricerca della libertà espressiva e di nuove forme dialettiche. Dall’incontro fra i due violoncellisti, ai vertici del panorama mondiale, è scaturito un concerto all’insegna della sinergia e della dissomiglianza, della comunione di intenti e delle singole personalità. L’uno riflessivo, mastodontico, dall’approccio ragionato; l’altro istintivo, sanguigno, dallo slancio di pancia. Una sontuosa Rolls Royce e una impetuosa Ferrari.

Assieme, i due musicisti hanno reso speciale l’esordio della Stagione Tempo d’Orchestra. Peculiare per molteplici fattori. Oltre alle ovvietà derivanti dal covid che l’orbe terracqueo tristemente conosce, legate alla resilienza prima e alla tenace ripartenza poi, ciò che ha aperto il cuore è stato rivedere affollato il Teatro Sociale del suo specifico pubblico. A Mantova gli ascoltatori sono esigenti ed esperti perché sono cresciuti assieme all’OCM, che festeggia il quarantennale, e all’Oficina OCM, che da ventinove anni organizza le Stagioni concertistiche nella città lombarda. Solo a un pubblico così preparato si sarebbe potuto proporre, nella data inaugurale, un programma oggettivamente impegnativo anche all’ascolto, ricercatamente inusuale.

Nell’incontro pomeridiano del ciclo ParoleNote i violoncellisti hanno spiegato la volontà, sempre perseguita, di esplorare ambiti diversi, spingendo oltre le possibilità degli strumenti, visitando repertori inconsueti, sperimentando nuove sonorità. L’uno, Brunello, ripensando al silenzio, che non esiste, “udito” nel deserto, dove le corde del violoncello vibravano attraversate dal vento. L’altro, Sollima, evocando il progetto visionario dei 100 Cellos, che riunisce violoncellisti esperti e dilettanti, âgées e adolescenti, cultori del genere barocco e fan del rock.

La serata si è aperta con una trascrizione di Melchiori da La traviata di Giuseppe Verdi, che, nella versione per due archi, ha magnificamente amplificato la devastante solitudine della protagonista Violetta. Poi la Suite Italienne di Stravinskij, nell’arrangiamento di Piatigorsky / Heifetz, brano dal quale è stato mutuato il titolo di questo concerto, “Suite Italienne per violoncelli vari” e che ha dato modo agli esecutori di fare proprie talune caratteristiche dell’autore, dalla poliedricità delle fonti ispiratrici alla ricerca innovativa della ritmica. La Ciaccona di Bertali e un’altra Ciaccona, omaggio rivisitato alla prassi variazionistica seicentesca di Bach ripensata da Derevianko, e poi la sonata di Costanzi per due violoncelli “ad uso di corni da caccia”, hanno creato quello che lo stesso Sollima ha definito «un gioco di specchi» con una sua creazione. Sollima infatti è anche prolifico compositore, il più eseguito al mondo tra gli italiani.  

«Tutto qui è una fake» hanno premesso i due, scherzando allegramente prima di dare il via al concerto. Una presunta spiritosa fake il programma, perché i brani erano frutto di trascrizioni e riarrangiamenti e sono stati ibridati con travolgenti improvvisazioni. Una fake erano anche i quattro strumenti utilizzati, di costruzione moderna su modello di celebri antenati. Da questi, è fuoriuscito un flusso sonoro dal fascino caleidoscopico, dai netti chiaroscuri, dalle dinamiche ora placide ora imbizzarrite. Dolci brezze sonore o furiosi tifoni di note. Carezze morbide o graffi di unghie sulla lavagna, con esiti di trascinante fantasmagorica espressività. Una cooperazione di profonda intensità costellata da battute divertenti a voce scambiate dai due interpreti. Il messaggio è stato che la musica è gioia e deve infondere gioia. La serata si è conclusa con un tributo ai Queen e la stupefacente versione di Bohemian Rhapsody: «Ma fate finta di non averlo letto nel programma: è una sorpresa!»

Recensione Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Sociale di Mantova, Stagione Tempo d’Orchestra, il 29 ottobre 2021
Contributi fotografici: MiLùMediA for DeArtes