Completati i lavori alla transenna del coro, al pulpito e al mosaico absidale di una delle Basiliche più rappresentative della cristianità fiorentina.

Friends of Florence, con la Presidente Simonetta Brandolini d’Adda, ha avviato da anni un percorso di conservazione e monitoraggio di San Miniato al Monte: restauri che hanno reso piena leggibilità al patrimonio culturale della Basilica. I lavori erano iniziati con il restauro della Cappella del Crocefisso, proseguiti con la Cappella del Cardinale del Portogallo e di recente con il Busto reliquiario di San Miniato attribuito a Nanni di Banco, vincitore della V edizione del Premio Friends of Florence Salone dell’Arte e del Restauro di Firenze.

Ora, grazie alla nuova donazione della Consigliera Stacy Simon in memoria di suo marito Bruce Simon, è stato promosso un intervento unitario che comprende il restauro dei marmi dell’area presbiteriale, del Crocifisso della bottega dei Buglioni e del mosaico del catino absidale. Il tutto, con la partecipazione della Comunità monastica e dell’Abate di San Miniato al Monte, Padre Bernardo Gianni.

L’AREA PRESBITERIALE E I RESTAURI
Ne parla Maria Maugeri. Inizialmente il progetto verteva sulla pulitura della transenna marmorea del coro con il suo straordinario pulpito duecentesco. A seguito della nuova donazione, l’intervento si è esteso fino a includere tutta l’area sopraelevata della Basilica, non in pessime condizioni conservative, ma con marmi sporchi e opacizzati per via di cere non idonee impiegate in passati restauri. L’iconostasi in marmo che separa l’aula ecclesiastica dal presbiterio rialzato, tipicizzata da una ornamentazione a intarsio e intaglio frutto della migliore scultura romanica toscana e databile intorno al 1129, è composta da formelle quadrate con una decorazione in marmo con rosette centrali e sullo sfondo tarsie di marmo bi-crome disposte geometricamente, ottenendo motivi analoghi a quelli del fonte battesimale del Battistero fiorentino ora nel Museo dell’Opera del Duomo.

Sulla parte estrema della transenna marmorea intarsiata è addossato il Pulpito, una delle più alte testimonianze del romanico fiorentino, la cui raffigurazione parrebbe rimandare ai simboli di tre evangelisti: san Matteo l’uomo, san Marco il leone e san Giovanni l’aquila. L’assenza del toro, attributo dell’apostolo Luca, offre però un’altra lettura del gruppo scultoreo in cui la figura umana potrebbe essere intesa come colonna della fede cristiana, poggiante in basso sul leone a ricordo della morte di Cristo e in alto sostiene l’aquila presagio della resurrezione.

Nel restauro è stato compreso l’altare d’inizio Duecento, con una partitura geometrica a intarsio interrotta dalle due fontane di vita ai lati che richiama ancora motivi della decorazione del Battistero fiorentino e nello stile mostra legami stringenti con il carattere dei rivestimenti che incorniciano le cinque finestre del catino absidale e delle superfici attorno all’arco trionfale.

Ancora, il Crocifisso in terracotta invetriata che ha dato modo di confermare la proposta attributiva alla bottega dei Buglioni, probabilmente Santi, come testimonia l’accentuata caratterizzazione del volto di Cristo. Non si tratta di una scultura a tutto tondo, ma incavata sul dorso per un comodo appoggio sulla croce, forse un tempo anch’essa dello stesso materiale, come testimoniano i bracci corti rimasti della stessa materia. Solo successivamente la scultura è stata inserita in una croce lignea e, l’insieme, assemblato in una nuova croce – sempre di legno – di grandi dimensioni forse per dare al Crocifisso maggiore visibilità quando si decise di collocarlo sopra l’altare. Tutto ciò suggerisce che in origine l’opera potrebbe essere stata parte centrale di un gruppo scultoreo, forse accolto entro una lunetta, e poi riadattato a seguito della demolizione della sua collocazione.

Contemporaneamente, si è alzato il ponteggio nella tribuna per avviare la fase diagnostica sul mosaico, per appurarne le condizioni conservative ma anche per circoscrivere quanto è rimasto di originale e quanto è stato nei secoli integrato. È ipotizzabile che la parte originaria, profondamente aderente al linguaggio bizantino, sia quella relativa alle figure di Cristo e di san Miniato, e aggiornata e integrata nel 1297 da certo ‘Magister Apollonius pictor Florentinus’, con l’inserimento di ulteriori particolari, fra cui i simboli dei quattro Evangelisti di altissima qualità.

M.C.S.
Fonte: Ufficio Stampa, 29 luglio 2022
Contributi fotografici: Antonio Quattrone

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