I due futuri sovrani si siedono sui troni e si coprono la testa con dei drappi neri. Prima ancora, una civetta lancia il suo lugubre grido e si ode il sibilo del vento che diventa bufera. Si leva una melodia che parafrasa Verdi. Le dissertazioni vocali – dal vivo – si accompagnano alle note originali – registrate – del grande compositore di Busseto nello spettacolo di prosa “Macbeth. Il canto dell’anima persa” come immaginato da Davide Doro e Manuela Capece, interpreti e curatori di drammaturgia e regia nella produzione Compagnia Rodisio/Elsinor Centro di Produzione Teatrale. Il sottotitolo allude alle vacue ambizioni di potere dalla durata effimera; ad anime inghiottite nel buio di un buco nero cosmico.
La riduzione di un’ora è rivolta ai più giovani, senza edulcorazioni, raccontando fedelmente la vicenda popolata di streghe, di apparizioni, di profezie e di omicidi, in cui la pazzia e la spietata consapevolezza si confondono. Un modo intelligente di trattare i bambini come piccoli adulti, in grado di capire e di restare affascinati dalla grandezza sia di Shakespeare che di Verdi, e di apprezzare la forza narrativa del mezzo teatrale, magari stringendosi alla mamma durante i passi più spaventosi. Del resto, garanzia di qualità, il titolo è stato commissionato dal Teatro Regio di Parma dove, nel Ridotto, è stato proposto in prima assoluta nell’ambito di Verdi Young, per poi essere replicato, in un allestimento leggermente asciugato, a Mantova durante “Segni – New Generations Festival”.
La messa in scena è minimale, suggestiva e molto curata. Proprio come nel Macbeth “canonico” rappresentato al Regio durante il Festival Verdi 2018 (leggi la recensione) ci si trova immersi in una notte senza fine, in un’atmosfera tenebrosa descrittiva dell’animo noir dei protagonisti. Manuela Capece è Lady Macbeth, la mente pensante della coppia, la personificazione del male e della follia omicida; mentre Davide Doro è Macbeth tremebondo, insicuro, senza spina dorsale. La consorte ne fa un succube strumento delle proprie ambizioni, martellandolo con le parole «sei un debole, sei un codardo, hai paura» e lo convince a uccidere Re Duncano e impossessarsi del trono, dando così compimento alla predizione. I due sanguinari coniugi, durante l’assassinio, indossano maschere prese a prestito al teatro giapponese: non a caso il teatro presenta spiriti fantasmi e creature soprannaturali, ed è stato l’antesignano del Kabuki che, parimenti a questa impostazione registica, si basa sull’emotività dei singoli personaggi. Ad armare la mano dell’uomo non è la Lady, ma la strega dalla “ultraterrena” voce da soprano di Erica Rondini. Una presenza fissa sullo sfondo, deus ex machina che guida ogni gesto, ogni azione, ogni pensiero. Una figura inquietante che personifica l’ineluttabilità del destino e contribuisce a tenere sempre alta la tensione drammatica per l’intera durata dello spettacolo.

Recensione di Maria Luisa Abate

Visto allo Spazio Gradaro di Mantova – Segni. New Generations Festival, il 27 ottobre 2018
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