Di Maria Luisa Abate. Mantova, Tempo d’Orchestra: un pianista dall’animo chopiniano, una direzione rasserenante, i cromatismi dell’orchestra.
Quando l’Orchestra Leonore era venuta a Mantova nel 2022, nell’incipit della nostra recensione avevamo scritto del «direttore Daniele Giorgi in evidente stato di grazia». La sensazione che abbiamo ora ricevuto – nella stagione 2004-2005 Tempo d’Orchestra – è stata la stessa, a conferma che l’eccellenza, la “magia” non fosse frutto di fortunata contingenza ma sia una costante matematica nel Maestro, una condizione connaturata e relata al suo approccio totale alla musica.
Concerto nulla meno che magnifico quello che ha visto la formazione pistoiese, internazionalmente rinomata e acclamata, affiancarsi a uno dei solisti rivelazione degli ultimi anni: Arsenii Moon (o Mun, a seconda della grafia), stella del pianoforte vincitore di premi tra i più prestigiosi al mondo, ultra-selettivi e quasi inconquistabili come il “Busoni” e l’ “Arturo Benedetti Michelangeli”, nei quali ha trionfato.

La serata si è aperta con il Concerto per pianoforte e orchestra n.1 op.11 di Chopin. Una sorta di trànsfer osmotico è intercorso tra il giovane pianista di San Pietroburgo e il compositore polacco, prescelto anche per il bis di congedo. Arsenii Moon ha interiorizzato la sensibilità chopiniana spiccatamente romantica; l’ha metabolizzata e tradotta nella capacità, rara, di avvalersi del pianoforte come voce dell’anima, come espressione di una solitudine introspettiva e poetica, di inquietudini artistiche. Il tocco era delicatissimo e di apollinea bellezza, le dita affusolate e flessuose si sono fatte portavoci del lirismo appassionato, mentre lo sguardo del pianista è corso frequentemente verso l’orchestra a cercare in essa, in felice sposalizio di idee col direttore, molto più del ruolo di mero accompagnamento che secondo gli studiosi le ha assegnato Chopin.
Moon ha immaginato una narrazione fluida in cui i passaggi virtuosistici, eseguiti con nitore e brillantezza, con facilità tecnica stupefacente, si sono integrati garbatamente con la linea melodica, tra suggestioni chiaroscurali ispirate che hanno incarnato alla perfezione la definizione di Victor Hugo: «la malinconia è la gioia di essere tristi». Moon ha seguito una linea stilistica improntata alla cantabilità dai risvolti romantici e talvolta trasognati, in cui lo sfoggio di solida bravura si è tradotto in un pianismo gentile e suadente, di strepitosa bellezza non ostentata poiché, come si diceva, vissuta interiormente.

In presenza di un tocco così soave, è stato particolarmente attento a tarare le dinamiche il Maestro Daniele Giorgi, in questo Concerto di Chopin così come nella Sinfonia n.1 op. 38 di Schumann, venuta dopo l’intervallo. L’intitolazione “Primavera” ne indica lo spirito gioioso, la capacità rinfrancante, la vivacità degli accenti che l’Orchestra Leonore ha passato con slancio da una sezione strumentale all’altra.
Gesto elegante e incisivo quale ultima actio della rigogliosità di idee e della chiarezza di intenti, hanno lasciato trasparire la forte personalità del Maestro Giorgi. Una direzione dai tratti identitari ben definiti e protesi alla ricerca del “suo” suono, non indulgente al puro e semplice effetto ma protesa a dare alla Leonore, da lui fondata dieci anni fa e costituita da giovani talentuosi in frequente ricambio, una “voce” peculiare carica di suggestioni, una tavolozza cromatica vivida e non sfacciata. Il gusto nel fraseggio, l’estrema cura priva di pedanterie per la forma e la grazia nel lavoro di cesello sono caratteristiche distintive del suo approccio alla partitura. Dalle mani di Giorgi, che ha diretto senza bacchetta, è scaturito uno Schumann fresco, vivace nel rincorrersi dei temi, rifuggente dalla descrittività didascalica e proteso a creare uno stato d’animo rasserenante, taumaturgico.
Ennesimo concerto memorabile che ha avuto tra i molti pregi la dovuta (ma non così scontata) differenziazione di lettura tra i due compositori, e l’aver emanato un fascino seducente arrivando al cuore degli ascoltatori in modo diretto, senza intermediazioni, con spontaneità e immediatezza.
Recensione di Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Sociale di Mantova – Tempo d’Orchestra, il 4 febbraio 2025
Immagine di copertina: foto Guido Mario Pavesi
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