Di Maria Luisa Abate. Mantova, Teatro Sociale: successo di pubblico per la comicità di Solfrizzi e Natoli, guidati da Greg alla regia. 

L’amore che c’era non c’è più. Invece si, c’è ancora nonostante la coppia sembri ormai scoppiata. Dei coniugi affiatati, che si vogliono bene e si rispettano, possono lasciarsi e disinteressarsi l’uno all’altro, oppure la raggiunta complicità tra i due resiste agli anni e si rivela più forte e stabile delle nuove infatuazioni? Può un colpo di fulmine garantire la stessa solidità di un rapporto coniugale? Detta così la storia pare un dramma, invece l’intreccio di situazioni rende questa una commedia divertente.

Un altro titolo brillante, “L’anatra all’arancia”, ha rallegrato il cartellone mantovano organizzato dalla Fondazione Artioli. La pièce del 1967 del drammaturgo scozzese William Douglas-Home è stata in contemporanea adattata in francese da Marc-Gilbert Sauvajon, tanto che il lavoro è considerato scritto dai due autori a quattro mani. Celebre è una magistrale messinscena teatrale di qualche anno fa, seguita da una ancor più famosa, e diciamolo onestamente impareggiabile, versione cinematografica italiana, con la quale sarebbe sbagliato tessere ora paragoni: film e teatro seguono “leggi” molto diverse.

Sauvajon disse di essersi ispirato alla situazione musicata da Francesco Cilea nella sua opera lirica L’Arlesiana, dove la protagonista non compare mai in scena. Fatto sta che i personaggi in questa pièce, che le note di sala ci suggeriscono di chiamare feuilleton, compaiono invece tutti, concreti e tangibili, senza aloni di immaginario, nella coproduzione della Compagnia Molière col Teatro Stabile del Veneto, che da oltre due anni è in tournée registrando una sfilza di sold-out. Successo replicato anche al Teatro Sociale di Mantova, esaurito in ogni ordine.

Ci troviamo nel salotto di una ricca dimora in Brianza affacciata su un vasto parco (scene Fabiana Di Marco, Costumi Alessandra Benaduce, luci Massimo Gresia). L’arredamento moderno comprende alcuni pezzi giganti degli scacchi: Una partita a tavolino viene disputata tra moglie e marito all’aprirsi del sipario e la trama si snoda proprio come un sottile gioco di astuzia e di incastri tra le pedine / personaggi. L’intreccio drammaturgico però è stato relegato a sottofondo dal regista che ha privilegiato come punto focale battute e gag divertenti.

Claudio Greg Gregori ha manovrato il timone della regia con fare scanzonato, con un approccio votato all’immediatezza che ha trascinato il pubblico in un’escalation d’ilarità. Noi per la verità prediligiamo un altro tipo di comicità, più sottile, basata sulla psicologia dei personaggi, sull’ironia intrinseca alle situazioni di vita che assume aspetti risibili nella sua disarmante normalità. Si tratta di gusti. Qui invece, con scelta diversa ma di eguale valore, la situazione comica è stata costruita sulle boutade, sui tormentoni verbali, sulla mimica degli interpreti sempre accentuata, ipercolorata. Greg vanta una lunga esperienza nello spettacolo come coprotagonista d’un famoso duo comico, attore e autore brillante, conduttore televisivo e radiofonico di successo oltre che fumettista e musicista. Campi, questi, in cui lo amiamo e stimiamo. Una formazione poliedrica che gli dà non solo competenza ma anche dimestichezza con i vari mezzi espressivi.

Con “mestiere” Greg Gregori ha sfruttato al meglio le oggettive capacità espressive del cast, senza voler strafare. Una regia tranquilla che ha assecondato le doti degli interpreti e in qualche caso ci è sembrato averli lasciati a briglia sciolta: espressività marcata sforata nel caricaturale poi ricondotta nei ranghi, poi uscitane e rientrata fino a creare una sorta di bilanciamento, ondeggiando tra contorni reali e macchiettistici. Il pubblico si è volentieri fatto catturare dal vortice di facili risate. Lo spettacolo tuttavia è risultato eccessivamente prolisso e non indenne dal solito momento di stanca centrale.

Emilio Solfrizzi, noto al grande pubblico grazie all’imponente curriculum sia cinematografico che televisivo che teatrale, ha impersonato il marito disposto di buon grado a conoscere l’amante della propria moglie. Per nulla livoroso, da astuto stratega, accondiscende a lasciarli fuggire assieme e oltretutto a salvaguardare l’immagine rispettabile della consorte inscenando una tresca con l’avvenente segretaria. Solfrizzi ha conquistato la platea con la mimica accentuata, con quella comicità congegnata a bella posta come un po’ guascona e ammiccante, orgogliosamente nazionalpopolare, che è il suo tratto distintivo e che i suoi estimatori trovano irresistibile. A noi è sembrato che Solfrizzi abbia spesso strabordato, sia uscito dai margini sovrastando gli altri attori ed è venuto da chiederci se la situazione fosse tale al debutto di questa produzione o se si sia accentuata via via, replica dopo replica, favorita dalle crescenti aspettative del pubblico entusiasta.

Carlotta Natoli gli ha fatto da contraltare nel ruolo della moglie chic, snob, infatuata di un altro uomo ma che piano piano ha recuperato la sua parte più sincera, rendendosi conto che il rapporto col marito è unico e non replicabile. Una evoluzione del personaggio che l’attrice, figlia d’arte, ha sostenuto con classe e in maniera più che convincente.

 Accanto a loro, personaggi che sono risultati più che un mero contorno. Beatrice Schiaffino nel micro tubino della segretaria, una procace seduttrice sui tacchi a spillo, un’oca felice che tuttavia possiede una furbizia innata; va sottolineato che ci vuole sapienza scenica nell’impersonare una svampita. Ruben Rigillo, nelle vesti impeccabili dell’amante, un azzimato riccone la cui antipatia, così ben costruita dall’attore, è diventata irresistibilmente simpatica. Infine Antonella Piccolo ha scatenato risate al solo apparire in scena (e non è cosa da poco); una verve comica al fulmicotone nei panni della governante e cuoca, ossia di colei che, con i suoi ritardi nel cucinare l’anatra all’arancia da servire agli ospiti, dà loro modo di arrivare a scoprire i veri sentimenti.

Una serata gradevole rivolta a un pubblico predisposto alla risata spensierata, in cerca di relax fisico e mentale indispensabile per dimenticare, per due ore e mezza, lo stress della vita odierna.

Recensione di Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Sociale di Mantova l’11 febbraio 2025

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