Dall’inviato Diego Tripodi.

Bologna Festival: innamoramento bachiano di Angela Hewitt, lettura mozartiana morbida di Emanuele Urso, ambientazione chiaroscurale dei Cameristi della Scala.

L’ultimo concerto di Bologna Festival, all’interno della programmazione di Grandi Interpreti, è stato un focus sul genere concerto, con particolare riguardo per quello tastieristico, fra barocco ed età classica, e per farlo si è servito di esempi aurei dei due maggiori campioni di entrambe le stagioni, Bach e Mozart, ossia il Concerto per tastiera in re minore BWV1052 e il Concerto per pianoforte in do maggiore n°21 KV467.

Il programma del 13 maggio 2025 sentito al Teatro Auditorium Manzoni, dunque, sembrava voler proporre non solo un accostamento per similitudine o, potremmo dire, per filiazione, ma anche e forse soprattutto per contrasto, mettendo in mostra sia le peculiarità linguistiche dei due autori, con le diverse ma ugualmente profonde indagini sulla scrittura fra il solista e l’orchestra, sia l’evidente evoluzione cui il genere è stato sottoposto nel cinquantennio appena che separa un capolavoro dall’altro.

[Foto (c) Roberto Serra Bologna Festival]

Il peso era in verità ben più sbilanciato su “Wolferl”, trovando posto altre sue due composizioni in apertura di ognuna delle altrettante parti della serata: tanto per rimanere in tema, il Concerto per corno in mi bemolle maggiore n°4 KV495 e l’adolescenziale Sinfonia in fa maggiore n°13 KV112.

Essendo dunque tutto così incentrato sulla forma concerto, va da sé che l’attesa maggiore era per i due solisti, il cornista Emanuele Urso e soprattutto la celebre pianista Angela Hewitt.

La compagine dei Cameristi della Scala era il terzo elemento imprescindibile al principio dialettico della serata. Interessante la presenza del corno, presenza insolita e non così facile da trovare nelle programmazioni, che aveva certamente tutta l’attenzione del pubblico per una delle pagine più fresche del Mozart puramente edonista, dimentico della sua natura umbratile, ridanciano, totalmente positivo ed affettuoso.

Al netto di qualche tiro mancino giocatogli da uno strumento notoriamente dispettoso, Emanuele Urso ha affrontato la pagina con correttezza, scegliendo assieme ai Cameristi una lettura morbida più che mordace, tuttavia scontando a nostro avviso il ruolo di comprimario ad apertura del concerto.

[Foto (c) Dino Russo Bologna Festival]

Dal canto suo, Angela Hewitt non ha bisogno di presentazione. La presenza del Concerto in re minore, immerso in un programma mozartiano, si spiega anche come un’irrinunciabile pretesa del pubblico di avere un saggio di quell’arte che ha reso famosa la pianista nel mondo e probabilmente come anche un’irrinunciabile pretesa della stessa interprete innamorata del mondo bachiano.

E se qualcuno poteva essere un po’ in imbarazzo per una scelta sentita rétro come quella di eseguire al pianoforte i concerti di Bach, proprio la caratura artistica della Hewitt, con l’eleganza indiscutibile del suo tocco e la naturale propensione a porgere chiarificati gli inviluppi polifonici della trama continua, ci auguriamo che dopo l’ascolto possa aver fatto ricredere.

Oltre ai meriti tutti personali del ruolo solistico (sia detto en passant, anche il concerto di Bach era eseguito a memoria) alla Hewitt va riconosciuto anche il merito di avere aiutato moltissimo l’ensemble nella concertazione, che in Bach infatti è risultata più reattiva di dinamiche ed espressione, di quanto fosse avvenuto nel concerto per corno.

Bologna Festival]
[Foto (c) Dino Russo

Difatti, per quanto riguarda l’orchestra, si è sentita la mancanza di una figura guida che ne accompagnasse il tragitto, equilibrandone i rapporti interni, aiutandola maggiormente anche in una migliore espressione di certe intuizioni, che pure non sono mancate, e in generale assicurandole continuità di resa. Questo è parso particolarmente evidente nella minuta Sinfonia in fa maggiore, pagina di alto apprendistato suggestionata dallo stile “alla moda”, mentre paradossalmente è stato meno vero nel grande Concerto per pianoforte in do maggiore, in cui l’organico si amplia e la scrittura si complica coinvolgendo l’ordito dei fiati e la Hewitt era troppo alle prese con la brillante parte solistica per stare addosso all’orchestra. I Cameristi si sono mostrati qui abili nella propria autonomia e hanno creato un piacevolissimo ambiente specie nella pagina più attesa di tutta la serata, il chiaroscurale Andante, che nella sua leggerezza galante strizza ancora l’occhio proprio a quel tipo di carinerie presenti nell’Andante della giovanile Sinfonia ascoltata, ma ora animandole con una rivisitazione inquieta e sensuale.

Mirabile l’interpretazione della Hewitt, sempre composta ma innervata di dolcezza, e ancor di più forse nell’Allegro vivace assai conclusivo, in cui la concentrazione del movimento è stata allentata da una splendida fantasia interpretativa.

Bis, neanche a dirlo: Largo dal Concerto in fa minore BWV1056 di Bach, una piccola gemma incredibilmente vicina per natura emotiva all’Andante mozartiano, sui cui pizzicati la pianista canadese ha ricamato la delicata melodia a beneficio un’ultima volta del suo pubblico.

Recensione di Diego Tripodi
Visto al Teatro Auditorium Manzoni – Bologna Festival, il 13 maggio 2025
Immagine di copertina: (c) Dino Russo Bologna Festival

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