Di Fiorenzo Cariola. Tutti i misteri di un’antica civiltà agli albori dell’astronomia nel sito archeologico retico.

L’uomo ha iniziato a studiare il cielo fin dall’antichità, molto prima di Niccolò Copernico che propose il modello eliocentrico dell’universo, con il sole al centro, e siamo nel XVI secolo, e di Isaac Newton che nel secolo successivo ha pubblicato la sua legge di gravitazione universale, spiegando i movimenti dei pianeti e delle stelle. Ci sono testimonianze dirette che gli umani studiarono la luna, il sole, i pianeti e le stelle fin dall’antichità, agli albori della storia dell’astronomia.

Una conferma arriva dal sito archeologico retico di Falera, una località svizzera situata nel cantone dei Grigioni, a pochi chilometri da Laax e Flims, un insediamento che sorge intorno alla chiesa di San Remigio, abitato dal VI secolo a.C. al I secolo d.C. che continua a fornire importanti testimonianze archeologiche sulla cultura retica. Testimonianze che mettono in risalto una spiccata attenzione verso l’osservazione dei fenomeni celesti. I reperti rinvenuti nel sito possono fornire informazioni preziose sulla conoscenza e sulla percezione del cielo da parte di queste popolazioni antiche.

Secondo alcuni studi, il sito risale a un periodo compreso tra il 3000 e il 1500 a.C., ed è stato probabilmente utilizzato come santuario per riti legati al ciclo delle stagioni, alla fertilità o alla sepoltura dei defunti.

Percorrendo l’insediamento preistorico risalente all’età del bronzo si notano misteriosi allineamenti di menhir e megaliti che apparentemente sembrano grandi massi di roccia disseminati casualmente nel campo, sul fianco della chiesa. Invece, grazie ai rilievi e agli studi archeologici, la loro dislocazione corrisponde ad una precisa logica che serviva per osservare i movimenti in cielo. Al punto che oggi è possibile visitarli in un percorso attrezzato nel parco “La Mutta” a pochi passi dal villaggio di Falera.

Quelle pietre sembrano dimenticate nella natura, erano espressione dei culti pagani e delle conoscenze astronomiche e matematiche di un ampio insediamento umano antico. Aggiungendo mistero a mistero, è emersa anche una serie di graffiti tutti da interpretare.

È stata la guardia forestale Walo Burkart nel 1935 a scoprirli mentre passeggiava su questo promontorio. Prima ha individuato l’antico villaggio circondato dalle mura. Poi, gli scavi hanno permesso di portare alla luce una piccola parte dell’area occupata dall’insediamento e di ipotizzare che, dove ora si trovano sterpaglie e prati frequentati dalle mucche al pascolo, un tempo vivevano da 100 a 150 persone.

Le mura alte due metri e larghe un metro e mezzo avevano una funzione difensiva sia nei confronti dei nemici e sia dalle belve feroci che vivevano sulle montagne. Inoltre, riparavano dal vento freddo che spirava da nord-est.

I ritrovamenti, e stiamo parlando di cocci d’argilla, macine e cinque falci di bronzo, oltre che una spilla di bronzo lunga 82 centimetri munita di un disco ovale di 16 centimetri di larghezza, oggi sono conservati nel Museo retico della vicina città di Coira. Il prezioso cimelio è stato al centro di un animato dibattito: sembra che lo spillone sia da collegare all’adorazione del pianeta Venere.

Ma a Falera ci sono anche altri segni che rappresentano la vocazione astronomica del villaggio. All’entrata del cimitero della chiesa di San Remigio, c’è una pietra quadrata incisa in modo da indicare i quattro segni cardinali e fungere da bussola. In un altro punto del villaggio sono stati ritrovati i graffiti che ritraggono una figura coronata rivolta verso il punto in cui il sole tramonta durante il solstizio d’estate.

Alcuni megaliti sono perfettamente allineati. Le ombre prolungate all’orizzonte, indicano i punti nel cielo dove si levava o tramontava il sole all’inizio dell’estate o dell’inverno. Insomma, sono evidenti i raffinati calcoli astronomici che caratterizzano la disposizione delle pietre e che corrispondono ad un sistema di misurazione dei movimenti del sole. Un sistema di solstizi ed equinozi che permetteva di suddividere l’anno in periodi e di pianificare le attività agricole. Un sistema che consentì di prevedere con diversi secoli d’anticipo l’eclissi solare del 25 dicembre 1089 a.C.

Il sito è anche integrato nel progetto europeo dei “Luoghi del Megalitismo”, che mira a tutelare e promuovere le strutture megalitiche del continente. Ogni anno, Falera ospita eventi culturali e rievocazioni storiche che attraggono appassionati di archeologia da tutta Europa. L’insediamento archeologico di Falera rappresenta un ponte tra passato e presente, tra natura e cultura. Offre uno sguardo prezioso su come vivevano, credevano e si organizzavano le prime comunità delle Alpi. La Mutta non è solo un luogo di pietre antiche, ma uno spazio in cui la storia, il mistero e la bellezza si fondono, invitando ogni visitatore a riflettere sulle proprie radici e sull’evoluzione dell’umanità.

Chi decide di fare una vacanza a Falera e visitare i dintorni, Laax, Flims, Ilanz, Coira, incontra interessanti luoghi di montagna e molti ambienti naturali che si possono vivere a piedi avendo a disposizione 250 chilometri di sentieri escursionistici, oppure in mountain bike nella bella stagione sfruttando le piste attrezzate. La zona è servita dalla funivia che trasporta i numerosi sciatori che la frequentano nel periodo invernale (un paradiso per gli appassionati di sci e snowboard con 224 chilometri di piste, cinque snowpark unici, la halfpipe più grande del mondo, 29 impianti di risalita e vari ristoranti e alberghi in montagna e a valle). Da non perdere il lago di Cauma, circondato da una folta foresta, alimentato da fonti sotterranee, raggiungibile attraverso un unico sentiero e una funicolare gratuita.

Di Fiorenzo Cariola
Giugno 2025
Foto F.C.