Al Mart aperte tre mostre: l’arte durante il Ventennio fascista; le donne di Pietro Gaudenzi; gli animali di Felice Tosalli.

Sono state presentate le nuove mostre del Mart: Arte e Fascismo” espone 400 opere tra pittura, scultura, documenti e materiali d’archivio; mentre in Pietro Gaudenzi. La virtù delle donne”, 80 opere illustrano e invitano a riscoprire la carriera dell’artista. Per visitarle c’è tempo tutta l’estate, fino a settembre. Si aggiunge la mostra inaugurata negli ultimi giorni di marzo e aperta fino a giugno, “Felice Tosalli. Animali di un altro sogno”, che attraverso 130 opere ripercorre e invita anch’essa alla riscoperta dei vari campi di attività dell’artista, dalla scultura, alla pubblicità, alla produzione ceramica.

[Arte e Fascismo. Veduta della mostra. Ph Mart, Edoardo Meneghini, 2024]

ARTE E FASCISMO
da un’idea di Vittorio Sgarbi, a cura di Beatrice Avanzi e Daniela Ferrari
Mart Rovereto 14 aprile – 1 settembre 2024

Con circa 400 pezzi tra opere e materiali d’archivio, il Mart di Rovereto torna a indagare l’arte del Ventennio. Dalle avanguardie futuriste all’architettura razionalista, un grande percorso attraverso uno dei periodi più ricchi della storia dell’arte recente.

La mostra “Arte e fascismo” analizza i vari e complessi modi in cui il regime fascista influì sulla produzione figurativa italiana, utilizzando a fini propagandistici i linguaggi dell’arte e dell’architettura.

Affondando le sue radici nei decenni antecedenti e spaziando dalle pratiche tradizionali alle arti applicate, la cultura visiva del Ventennio testimonia lo svilupparsi di una varietà di stili senza precedenti. Diversamente da altri regimi, quello fascista non impone un gusto, facendo proprie anche alcune delle tendenze artistiche che si affermano in quel periodo storico. La mancanza di un unico orientamento facilita lo sviluppo di un’eterogenea e dinamica presenza di espressioni e correnti.

Accanto al persistere di ricerche di avanguardia legate al Futurismo, si delinea una linea di “ritorno all’ordine”, che confluisce nel movimento del Novecento italiano, creato da Margherita Sarfatti. Il ritorno all’antico, funzionale all’affermazione della tradizione italiana, trova varie declinazioni, dal rinnovato sguardo ai maestri antichi dei protagonisti di Novecento fino a più radicali affermazioni di un’arte di propaganda volta alla costruzione del consenso.

Il modello di una ritrovata armonia tra tradizione e modernità gode del consenso da parte del regime, alla ricerca della definizione di un sistema delle arti organizzato.
Uno straordinario apparato di premi, esposizioni pubbliche, convenzioni e mostre permette al regime di intercettare gli artisti più significativi, di sostenerne l’opera e di inglobarli nel più ampio progetto di promozione generale. Attraverso la partecipazione a biennali, quadriennali, mostre sindacali, a concorsi e a commissioni pubbliche gli artisti danno voce all’ideologia, ai temi e ai miti del fascismo.

Lo stesso rapporto tra gli artisti e il potere non è definito né unico. Accanto a figure dichiaratamente fasciste, convinte sostenitrici del Duce come Depero e Sironi,si muovono artisti meno ingaggiati, più o meno distanti ma comunque presenti nel ricco panorama italiano.

Allo stesso tempo, i nuovi luoghi del potere divengono strumento di affermazione attraverso un linguaggio aperto tanto al classicismo quanto al razionalismo, che coinvolge architettura, scultura e arte murale, rinata sotto l’impulso di una rinnovata volontà celebrativa.

Tra pittura, scultura, documenti e materiali d’archivio, il percorso espositivo si snoda tra 400 opere di artisti e architetti come Mario SironiCarlo CarràAdolfo Wildt, Arturo Martini, Marino Marini, Massimo Campigli, Achille Funi, Fortunato Depero, Tullio Crali, Thayaht, Renato Bertelli, Renato Guttuso.Provenienti da collezioni pubbliche e private le opere dialogano con alcuni dei grandi capolavori del Mart e con numerosi materiali provenienti dai fondi dell’Archivio del ’900.

Otto sezioni cronologiche e tematiche scandiscono la visita: Novecento italiano, dedicata al grande progetto di sostegno agli artisti e alla cultura di Margherita Sarfatti, intellettuale e curatrice ante litteram; L’immagine del potere, sull’iconografia del Duce tra celebrazione del capo e diffusione del mito; Futurismo. Celebrare l’azione, l’arte totale della maggiore avanguardia italiana; Arte monumentale, l’educazione e la propaganda attraverso la grandearte murale, i mosaici, gli affreschi, i decori, i monumenti; L’architettura e il rapporto con le arti, progetti, bozzetti e arte astratta per edifici grandiosi che esaltassero la potenza italiana, Nuovi miti, non solo l’eroe e l’atleta, ma anche il lavoratore, la donna, la famiglia, alla ricerca della definizione di un sistema sociale virtuoso; Il sistema delle arti, l’organizzazione di un’arte di stato tra mostre, quadriennali, biennali e concorsi; La caduta della dittatura, la fine di un’era tra iconoclastia, satira e dramma.
L’allestimento è progettato da Baldessari e Baldessari. Il catalogo è pubblicato da L’Erma di Bretschneider.

[Pietro Gaudenzi, Maternità 1932 c. Fondazione Cavallini Sgarbi Ph Mauro Coen, Roma]

PIETRO GAUDENZI. LA VIRTÙ DELLE DONNE
da un’idea di Vittorio Sgarbi, a cura di Manuel Carrera, Alessandra Tiddia
Mart Rovereto 14 aprile – 1 settembre 2024

A Rovereto la più grande mostra mai organizzata sulla figura di Pietro Gaudenzi, oggi al centro di un crescente interesse da parte di critici e studiosi. Attraverso circa 80 opere suddivise in sezioni tematiche, il percorso illustra l’intera carriera dell’artista.

Con una selezione di dipinti a olio e opere su carta provenienti da istituzioni e prestigiose raccolte private, la mostra offre uno sguardo esaustivo sul percorso artistico del genovese Pietro Gaudenzi (1880-1955) tra i pittori più apprezzati del suo tempo.

Dagli anni della formazione tra La Spezia, Genova e Roma fino a quelli del ritiro, in maturità, nel borgo di Anticoli Corrado, Gaudenzi rimase sempre fedele a una figurazione realista, estranea ai formalismi delle avanguardie.

Attraverso la ricerca di un confronto diretto con la pittura antica, riletta al filtro di una sensibilità novecentesca, Gaudenzi affrontò nelle sue composizioni i maggiori temi della tradizione: ritratti, scene d’intimità domestica, maternità, nature morte e, soltanto di rado, paesaggi. Protagonisti assoluti dell’universo visivo di Gaudenzi sono i membri della sua famiglia: la prima moglie, Candida Toppi, morta prematuramente nel 1920, i loro figli e quelli avuti dal secondo matrimonio con la cognata Augusta Toppi. Comprensibilmente la morte della prima consorte segnò indelebilmente la vita del pittore, influenzandone la produzione e la scelta dei temi. Dopo il ’20 Gaudenzi esplorò con maggior frequenza i temi sacri e la pittura religiosa.

L’apprezzamento dimostratogli dalle più alte cariche dello Stato durante il ventennio fascista (nel 1936 vince il Premio Mussolini, nel 1939 viene nominato Accademico d’Italia, nel 1940 il Premio Cremona, nel 1942 il Duce gli commissiona un ritratto) gli costò l’inevitabile oblio dopo la fine della Seconda guerra mondiale.

A lungo dimenticato dalla letteratura storico-artistica, nonostante l’ampia partecipazione ai maggiori eventi espositivi fra le due guerre, è oggi al centro di un crescente interesse da parte degli studi: con un taglio monografico, snodato attraverso sezioni tematiche, la mostra si propone quindi come una prima ricognizione dell’opera del pittore, necessaria per una migliore comprensione della sua riscoperta.

Il Mart presenta tutte insieme per la prima volta opere provenienti da collezioni pubbliche e private tra cui si segnalano nove lavori provenienti dal Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano.Appartengono a questo generoso prestito anche il grande Battesimo del 1932 e il Ritratto di Guido Rossi (1925), tra i maggiori committenti di Gaudenzi.

Tra le rarità della mostra spicca La mia scuola di Napoli, una tela del 1938 circa, mai esposta prima in un museo pubblico. Il dipinto raffigura l’atelier di Gaudenzi all’epoca in cui insegnava pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli e rappresenta anche uno dei suoi rari nudi.

Suddiviso in cinque sezioni dedicate rispettivamente alla pittura degli affetti, all’arte sacra, al periodo milanese, alla tecnica pittorica, il percorso espositivo si chiude con una cospicua rassegna di stupendi disegni colorati riferiti al ciclo di affreschi per il Castello dei Cavalieri di Rodi.

[Felice Tosalli, Cucciolo di Ocelotto (1930 c.) Fondazione Cavallini Sgarbi]

FELICE TOSALLI. ANIMALI DI UN ALTRO SOGNO
da un’idea di Vittorio Sgarbi, a cura di Alfonso Panzetta con Beatrice Avanzi
Mart Rovereto 28 marzo – 23 giugno 2024

La mostra ripercorre nella loro completezza i diversi campi di attività di Felice Tosalli, dalla scultura, alla pubblicità, alla produzione ceramica, attraverso circa 130 opere provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private. A quasi settant’anni dalla scomparsa, il Mart contribuisce alla riscoperta di un artista raffinato, particolarmente amato dal collezionismo europeo.

Felice Tosalli (1883-1958) è stato il più importante esponente della scultura animalista in Italia, interpretata secondo un gusto elegante, fiabesco e spesso carico di tenerezza.

Nella produzione animalista l’artista si mostra originale e unico, senza paragoni in Europa, al punto che oggi la critica lo considera il più singolare degli animalisti italiani per l’utilizzo del legno delicatamente acquerellato, per la sua conoscenza dell’anatomia comparata e per la sua empatia. Nelle sculture di figura, invece, Tosalli mostra una profonda cultura internazionale, in particolare mitteleuropea, dovuta ai suoi numerosi viaggi.

Dopo essersi formato all’Accademia di Belle Arti di Torino, dal 1904 al 1907 soggiorna a Parigi dove frequenta assiduamente lo Zoo e il Museo di Storia Naturale del Jardin des Plantes.  Rientrato a Torino, comincia a esporre i suoi lavori dedicati al regno animale riscuotendo l’interesse del collezionismo italiano e internazionale. L’artista dà prova di grande competenza nel disegno e di una elevata capacità tecnica nella scultura lignea, spesso rifinita ad acquerello per ottenere un maggior realismo.

Negli anni Venti e Trenta, partecipa a quella che possiamo chiamare “l’età d’oro” dell’animalismo italiano, un’epoca in cui i libri di Rabindranath Tagore, Emilio Salgari, Rudyard Kipling e Romain Rolland, con le loro narrazioni di terre esotiche e lussureggianti, influenzano gli artisti.

La natura è vista come un luogo incontaminato dove l’umanità ritrova la propria virtù morale. Nelle opere dell’artista torinese, inoltre, si nota una particolare attenzione per i cuccioli delle varie specie, rappresentati con una tenerezza e un’empatia che sembrano preludere all’antropomorfismo dei film che Walt Disney, a partire dagli anni Quaranta, porterà sul grande schermo.

Quando, invece, tratta soggetti letterari, mitologici, religiosi, come anche nella produzione grafica e pittorica, Tosalli si avvicina al Simbolismo mitteleuropeo e, in particolare, allo stile delle Secessioni. Alla magica sospensione temporale che caratterizza queste opere si aggiunge il sapore di atmosfere derivate dal mondo egizio, greco o di antiche civiltà orientali.

A partire dal 1928, l’artista si dedica anche alla produzione di ceramiche ricche di riferimenti a eleganti modelli internazionali, collaborando dapprima con la ditta piemontese Lenci e in seguito con Rosenthal & C. e con Ceramiche d’Arte Campionesi.

Già nota negli ambienti del collezionismo e delle arti applicate, la figura di Tosalli viene finalmente valorizzata anche dagli storici e dai critici grazie alla pubblicazione di alcune considerevoli monografie, alla pubblicazione integrale del suo archivio privato, dichiarato di importante interesse storico e confluito nell’Archivio di Stato di Torino, e all’acquisto di alcune sue ceramiche da parte dei Musei Reali di Torino.

C.S.m.
Fonte: comunicati stampa aprile e marzo 2024
Immagine di copertina: Arte e Fascismo. Veduta della mostra
Ph Mart, Edoardo Meneghini, 2024

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