Il Festival riflette sui legami tra Uomo e Natura, le trasformazioni immaginate dagli esseri umani, le dinamiche per superare l’atteggiamento di predominio.

Palazzo Magnani, Chiostri di San Pietro, Palazzo da Mosto, Villa Zironi,
Palazzo dei Musei, Biblioteca Panizzi, Spazio Gerra e gli spazi del Circuito off: Reggio Emilia torna a osservare i cambiamenti della contemporaneità attraverso gli occhi di grandi fotografi e di giovani esordienti con la XIX edizione di “Fotografia Europea”, 26 aprile 2024 – 9 giugno 2024, il festival promosso e organizzato dalla Fondazione Palazzo Magnani e del Comune di Reggio Emilia, con il contributo della Regione Emilia-Romagna.

La natura ama nascondersi è il tema scelto dalla direzione artistica del Festival composta, anche quest’anno, da Tim Clark (editor 1000 Words), Walter Guadagnini (storico della fotografia e Direttore di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia) e Luce Lebart (ricercatrice e curatrice, Archive of Modern Conflict).

Un titolo che cerca di inglobare – recuperando il paradosso da un frammento di Eraclito – la potenza di una natura che molte volte cela la sua essenza ai nostri occhi, ma che sempre più spesso la rivela in modi distruttivi, in un processo continuo che può essere inteso come un’oscillazione tra l’essere e il divenire.

Fotografia Europea 2024 si propone di esplorare, attraverso le tante mostre personali e collettive, le connessioni fra occultamento e scoperta che dominano il nostro rapporto con la Natura, immaginando nuove narrazioni, al di fuori di quell’atteggiamento di controllo dominante che la nostra specie esercita sul pianeta, per comprendere le dinamiche e le nuove direzioni da intraprendere.

LE MOSTRE
A PALAZZO MAGNANI (corso Garibaldi, 29)
Prima retrospettiva mai presentata in Italia di Susan Meiselas, fotografa americana nota soprattutto per il suo lavoro nelle aree di conflitto dell’America Centrale (1978-1983) e per i suoi potenti scatti della rivoluzione nicaraguense. “Mediations” raccoglie opere dagli anni Settanta a oggi e rivela, attraverso le diverse forme adottate da Meiselas – reportage fotografico tradizionale, installazioni, libri, film – il suo approccio unico di fotografa, che mette costantemente in discussione lo status delle sue immagini in relazione al contesto, spaziando dalla dimensione personale a quella geopolitica: dalla guerra alle questioni relative ai diritti umani, dall’identità culturale all’industria del sesso.

AI CHIOSTRI DI SAN PIETRO (via Emilia San Pietro, 44/)
Le sale cinquecentesche ospitano dieci esposizioni. Al piano terra, una mostra che cattura l’infinita mutevolezza delle nuvole in una collettiva intitolata “Sky album. 150 years of capturing clouds” a cura di Luce Lebart e Michelle Wilson, in cui si celebra la vastità e la bellezza delle immagini di nuvole e l’unicità della pratica di fotografare il cielo da parte di scienziati, dilettanti e artisti. Oltre centocinquanta opere raccontano questa passione a partire dagli albori della fotografia, dal francese Gustave Le Gray all’italiano Mario Giacomelli, passando dai lavori dell’americano Edward Steichen fino ai due artisti contemporanei chiamati a creare due installazioni, la finlandese Anna Ninskanen e il britannico Kalev Erickson.

Al primo piano, Helen Sear in “Within sight” presenta opere multiple e composite che esplorano la dissoluzione della prospettiva a lente singola associata all’obiettivo della macchina fotografica. Sear è un’attenta osservatrice degli elementi mutevoli che compongono un paesaggio e combina alla fotografia elementi disegnati a mano o cancellati, in un lavoro concettuale che attinge al realismo magico e al surrealismo.

Yvonne Venegas con “Sea of Cortez” traccia una storia in equilibrio tra l’esperienza della sua famiglia – che ha abitato le miniere di rame di Santa Rosalia, nella Bassa California, all’inizio del Novecento – e quella di un’intera generazione che ha sfruttato i territori intorno al Mar di Cortez. Si avvale dell’aiuto delle persone che incontra nel suo percorso, per esprimere il sentimento di sfruttamento e i resti che quelle storie di miniera hanno seminato sul loro cammino.

Il fotografo indiano Arko Datto attenziona la questione della catastrofe climatica e dei rifugiati che questa genera, attraverso una trilogia fotografica in corso da nove anni. I due capitoli qui presentati, tratti dal progetto “The Shunyo Raja monographies sono dedicati al territorio del Delta del Bengala; includono ritratti e paesaggi che mappano l’erosione e l’innalzamento del livello del mare attraverso l’India e il Bangladesh e traccia la traiettoria degli sfollati e dei paesaggi perduti.

Matteo de Mayda, fotografo veneziano, espone un’installazione composta da foto d’archivio e di reportage, immagini satellitari e al microscopio, testimonianze individuali e teorie scientifiche che fanno parte del progetto “There’s no calm after the storm”, in cui indaga gli impatti a lungo termine e meno visibili della tempesta Vaia, che ha colpito il Nord-est dell’Italia alla fine del 2018.

La mostra di Jo Ractliffe “Landscaping” è dedicata al paesaggio sudafricano ripreso durante i suoi viaggi in auto lungo la costa sudoccidentale. Negli scatti in bianco e nero, Ractliffe riflette sul concetto stesso di paesaggio, disconoscendone il termine nel tentativo di sottrarre le sue fotografie a convenzioni stereotipate: con il termine landscaping, l’artista cerca di trasmettere l’idea di paesaggio come qualcosa di attivo, capace anche di conservare la memoria del passato.

Nel grande corridoio centrale, Natalya Saprunova in “Permafrost” racconta la vita delle popolazioni dell’estremo nord del continente asiatico. Qui, nei suoi lunghi viaggi, la fotografa russo-francese scopre luoghi come la Yakutia e le sue popolazioni indigene, tra cui i pastori di renne Evenki e gli Yakuti, allevatori stanziali di mucche e cavalli. I colori tenui dei suoi scatti restituiscono l’ansia di queste comunità, testimoni del rapporto simbiotico con una natura estrema oggi messa a rischio dall’industrializzazione.

La fotografa americana Terri Weifenbach in “Cloud physics” esplora la vitale interconnessione tra le nuvole del nostro pianeta e le intime forme della sua vita biologica. Ha realizzato le sue fotografie in un istituto di ricerca americano per lo studio e la misurazione delle nuvole, la loro origine, struttura, particelle e reazioni.

Lisa Barnard con la mostra “An act of faith: bitcoin and the speculative bubble” riflette sull’essenzialità della natura nella creazione di bitcoin, beni digitali che seppur immateriali richiedono un enorme sforzo ambientale. La fotografa britannica documenta lo sfruttamento dell’energia geotermica in Islanda, necessario per sostenere il processo di estrazione mineraria: le fredde temperature islandesi fanno sì che le masse di calore generate dall’hardware coinvolto, siano notevolmente ridotte, contribuendo a mantenere il microclima.
Bruno Serralongue dedica “Community gardens of Vertus, Aubervilliers”, alla lotta che alcuni giardinieri hanno iniziato nel 2020 per opporsi all’abbattimento di oltre 4.000 mq di orti, a favore di nuove costruzioni per i Giochi Olimpici di Parigi 2024. Questo succede a meno di due chilometri da Parigi, ad Aubervilliers in Seine-Saint-Denis, il dipartimento più popolato della Francia e dove gli spazi verdi sono i meno numerosi.

A PALAZZO DA MOSTO (via Mari, 7)
In questa sede trova posto la Committenza di questa edizione, insieme a una mostra dedicata ai libri fotografici e ai due progetti vincitori della Open Call.

La produzione di Fotografia Europea 2024, affidata a Karim El Maktafi, si intitola “day by day” e si focalizza sulle “Aree Interne”: regioni eterogenee, caratterizzate dalla lontananza da grandi centri di agglomerazione, che, pur occupando circa tre quinti del territorio nazionale, ospitano poco meno di un quarto della popolazione complessiva italiana. Nello specifico, in vaste porzioni dell’Appennino Emiliano El Maktafi ha esaminato il profondo e fragile legame tra l’uomo e la natura, facendo emergere l’eredità culturale attraverso stili di vita profondamente radicati nei cicli lenti dell’ambiente naturale montano.

La mostra “Index naturae”, a cura di Stefania Rössl e Massimo Sordi (OMNE – Osservatorio Mobile Nord Est), comprende 116 libri fotografici pubblicati negli ultimi cinque anni dedicati al tema della natura. La selezione dei volumi esposti, realizzati da autori nazionali e internazionali che hanno aderito al progetto proposto da OMNE, rappresenta da un lato una riflessione sullo stato attuale della fotografia e dell’editoria, dall’altro individua un corpus di esperienze di ricerca capace di offrire punti di vista molto diversi sul tema del rapporto tra uomo e natura nella contemporaneità.

I progetti selezionati dalla giuria della Open Call, tra gli oltre 500 lavori di artisti e curatori che vi hanno partecipato, sono quelli di Marta Bogdańska e Michele Sibiloni.
“Shifters” di Marta Bogdańska parte dal presupposto che solo ripensando alla posizione dell’essere umano nel mondo e guardando oltre l’orizzonte antropocentrico, si possa realizzare una coesistenza vera e profonda, che includa anche gli animali. Il lavoro è iniziato con una ricerca d’archivio sulle spie animali in guerra, mettendo poi in relazione questa storia con quella della loro liberazione e dei loro diritti.

Michele Sibiloni, invece, stimola una riflessione sul futuro dell’alimentazione mondiale e sul precario equilibrio degli ecosistemi naturali attraverso “Nsenene”, a cura di Marco Scotti, che documenta i momenti frenetici delle attività della raccolta delle cavallette (Nsenene, appunto) in Uganda, a cui si alternano lunghi periodi di attesa e speranza; tempistiche sempre meno prevedibili a causa del cambiamento climatico.

A VILLA ZIRONI (via della Racchetta, 20)
Lo splendido gioiello dell’architettura liberty ospita la mostra “Radici”, di Silvia Infranco, a cura di Marina Dacci. Infranco ha fatto della materia naturale il soggetto e l’oggetto delle sue opere. Negli ultimi anni si è orientata sullo studio degli erbari, sulla farmacopea e sui processi di cura arcaici e rituali rinvenuti in manoscritti e in testi a stampa antichi. Infranco, – attraverso opere su carta e su tavola, libri d’artista, sculture, polaroid – sviluppa l’approccio fitoterapico con particolare attenzione ai risvolti magici, simbolici e alchemici intervenuti nel corso dei secoli.

A PALAZZO DEI MUSEI (via Spallanzani, 1)
“Zone di passaggio”, a cura di Ilaria Campioli, propone una riflessione sul tema del buio e della notte, raccontando il ruolo che entrambi rivestono nell’immaginario collettivo. Punto di partenza sono le numerose opere di ambientazione notturna che Luigi Ghirri ha realizzato nel corso della propria produzione. Sono i luoghi “illuminati in maniera provvisoria” in cui si attiva una lettura alternativa del reale. Rispetto alla storia del procedimento fotografico, il rapporto fra luce e buio è essenziale. Per Ghirri sono i bagliori, i lampi, le piccole intermittenze come quelle delle lucciole ad esprimere le migliori modalità di illuminazione poiché mantengono intatto l’incanto del buio, preservando le zone d’ombra. La mostra presenta quindi il lavoro di diversi autori di rilievo internazionale che, a partire dalle sperimentazioni sul medium e sulla visibilità della fine degli anni Sessanta, utilizzano il buio come possibilità di narrazione.

Gli esiti della open call di Giovane fotografia italiana #11 | premio Luigi Ghirri 2024, promossa dal Comune di Reggio Emilia, in partnership con alcuni festival internazionali, hanno dato vita a “Contaminazioni”, la collettiva a cura di Ilaria Campioli e Daniele De Luigi che vede in mostra gli scatti dei sette artisti selezionati dalla giuria internazionale: Claudia Amatruda, Benedetta Casagrande, Noemi Comi, Massimiliano Corteselli, Camilla Marrese, Cinzia Romanin, Alessandro Truffa. I sette progetti selezionati propongono una riflessione su quelli che sono gli spazi intermedi, le zone di contaminazione e di reciproca trasformazione tra gli uomini e il resto del vivente. Durante le giornate inaugurali Giovane Fotografia Italiana assegnerà diversi riconoscimenti.

ALLA BIBLIOTECA PANIZZI (via Farini, 3)
La fototeca partecipa con una mostra che ridona visibilità alla collezione di Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea, con sede a Rubiera che dal 1990 al 2023 ha realizzato indagini fotografiche sul territorio regionale e nazionale. In questa edizione sono esposte le due interpretazioni che Paola De Pietri nel 1994 e Walter Niedermayr nel 1997 hanno dato delle Casse d’espansione del fiume SecchiaL la prima sorvolando con una mongolfiera l’area del parco fluviale, il secondo una serie di dittici, attraverso cui si interroga sul destino delle aree sottoposte a intenso sfruttamento economico e successivamente attrezzate per gestire sport e attività didattiche.

ALLO SPAZIO GERRA (piazza XXV Aprile, 2)
La mostra “New theaters of the real. Collaborating with AI” presenta cinque differenti posizioni della fotografia contemporanea capaci di aprire il confine tra creazione e intelligenza artificiale generativa. Xavi Bou, Antti Karppinen, Markos Kay, Katie Morris, Pierre Zandrowicz riflettono sull’IA come strumento di conoscenza dei processi della natura e della stessa creatività umana, valutando il rischio che si tratti invece di un ulteriore mezzo di alienazione che allontana ancora di più gli umani dall’appartenenza a una natura unitaria.

COLLEZIONE MARAMOTTI (via Fratelli Cervi, 66)
Collegata al festival, espone la prima mostra personale istituzionale italiana di Silvia Rosi, dal titolo “Disintegrata”, che include venti nuove opere fotografiche, alcune immagini in movimento e un nucleo di fotografie d’archivio raccolte dall’artista in Italia – principalmente in Emilia-Romagna – tra il 2023 e il 2024. Rosi ha raccolto centinaia di fotografie di album di famiglia che raccontano la quotidianità di chi, giunto dall’Africa prima del Duemila, ritraeva sé e la propria vita in contesti diversi. La mostra mette in scena, con umorismo, un immaginario dell’idea di “italianità” nel nostro territorio contemporaneo.

DICIOTTOVENTICINQUE
Lo Speciale Diciottoventicinque, il progetto formativo di Fotografia Europea, torna con la tredicesima edizione per accompagnare i giovani amanti della fotografia in un percorso che permette di imparare, condividere e confrontarsi con il mondo dell’arte fotografica, creando un vero progetto espositivo collettivo nella galleria dell’Isolato San Rocco.

FE+SK BOOK AWARD
Terza edizione del premio dedicato al libro fotografico, ideato da Fotografia Europea insieme a Skinnerboox, casa editrice di Jesi (AN) specializzata in fotografia contemporanea. Tra le oltre 230 candidature pervenute, la giuria ha scelto il progetto di Benedetta Casagrande “All things laid dormant”.

ALTRI APPUNTAMENTI
Oltre alle mostre arricchisce il Festival un calendario di appuntamenti che accompagna i visitatori dalle giornate inaugurali del 26, 27, 28 aprile, fino al 9 giugno 2024.
In programma, oltre agli incontri con gli artisti, anche momenti di confronto con Mariangela Gualtieri, poetessa e scrittrice, Marco Paolini drammaturgo e scrittore, entrambi in dialogo con Loredana Lipperini scrittrice e giornalista. Inoltre presentazioni di libri, book signing, letture portfolio e [Parentesi] Bookfair, lo spazio dedicato agli editori indipendenti.

FOTOFONIA
La terza edizione della declinazione musicale del festival, curata da Max Casacci (produttore e fondatore dei Subsonica), ha come titolo Urban souls” ed è dedicata alla storia, al presente e al futuro di una musica italiana capace di fondere radici black e soul, con la complessità dei linguaggi urbani contemporanei, attraverso melodia e parole. La serata di venerdì 26 aprile si apre con i giovanissimi napoletani Thru Collected, per concludersi con il live dei Casino Royale. Ospite della band, Venerus, produttore, polistrumentista, cantautore milanese, oggi considerato un protagonista della scena “urban”, che tiene un dj set, aperto dalla rapper, Alda.

Domenica 28 aprile, alle 18 al Teatro Cavallerizza, Mariasole Bianco, biologa marina, divulgatrice scientifica e volto televisivo (Kilimangiaro, Rai3) parla di misteri e stupefacenti curiosità del grande oceano su un tappeto di suoni naturali creato da Max Casacci, da anni impegnato a trasformare in musica e ritmo, rumori e ambienti sonori della natura e della metropoli.

CIRCUITO OFF
L’evento collettivo e indipendente arricchisce il Festival con una serie di mostre diffuse in tutto il territorio cittadino: negozi, ristoranti, studi, cortili e case private, sedi storiche, gallerie d’arte.

M.F.C.S.
Fonte: comunicato stampa del 28 febbraio 2024
Immagine nella locandina: (c) Arko Datto

FOTOGRAFIA EUROPEA 2024. “LA NATURA AMA NASCONDERSI”
26 aprile 2024 – 9 giugno 2024

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