Al Museo degli Innocenti, nuova versione della mostra su spiriti e mostri nelle stampe giapponesi. Centinaia di opere mai esposte prima.

Un viaggio straordinario tra le creature che popolano l’antico folklore giapponese, attraverso meravigliose opere del XVIII e XIX secolo. Xilografie policrome, libri rari, maschere, armi ed armature, aspettano il visitatore insieme alla spaventosa sala delle cento candele, in cui rivivere il terribile rituale samurai.

Vertigo Syndrome porta finalmente a Firenze gli Yōkai. I mostri della tradizione giapponese, che hanno già conquistato il pubblico a Monza (vedi qui notizia con corredo immagini) e a Bologna (vedi qui), sono nei meravigliosi spazi espositivi del Museo degli Innocenti dal 13 giugno al 3 novembre 2024.

“Yōkai. Mostri, spiriti e altre inquietudini nelle stampe giapponesi” è una mostra totalmente nuova, con un nuovo allestimento, centinaia di opere mai esposte prima e due nuovi curatori d’eccezione: Paola Scrolavezza, tra le massime nipponiste in Italia, direttrice del Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture moderne dell’Università di Bologna, eEddy Wertheim, direttore della Japanese Gallery Kensington di Londra.

La mostra torna a proporre al pubblico italiano il fantastico mondo dei mostri della tradizione nipponica, attraverso più di centocinquanta opere del XVIII e XIX secolo, tra stampe antiche ancora inedite, libri rari, maschere, armi e armature in prestito dal Museo Stibbert di Firenze.
Catalogo Skira.

Kuniyoshi Utagawa (1798-1861) Il fantasma di Asakura Togo, 1851 Collezione privata, Bologna]

GLI YŌKAI
SENSAZIONI, INQUIETUDINI E PAURE DELL’EPOCA EDO
Dopo lunghe lotte intestine, agli inizi del XVII secolo l’epoca Edo inaugurò in Giappone un periodo di pace e stabilità, destinato a durare oltre duecento anni, e caratterizzato dalla politica del sakoku, il “paese chiuso”, volta a impedire qualsiasi contatto con l’occidente, da un rigido controllo politico e sociale e da profondi squilibri economici. Nella produzione artistica – sia figurativa che letteraria – si afferma l’estetica del “crepuscolo”, in giapponese tasogare, adatta a dar voce a quest’epoca di trasformazioni.

Gli yōkai e gli yūrei, i mostri e gli spiriti che popolano le leggende giapponesi sin dalle origini, quando venivano tramandate oralmente, incarnano alla perfezione sensazioni, inquietudini, paure e desideri frutto di questo preciso momento storico.

Ed ecco che gli odokuro, giganteschi scheletri affamati, i bakeneko, gatti mostruosi, i kappa, esseri acquatici che importunano le natanti, le kitsune, avvenenti donne-volpi, iniziano a essere raffigurati da artisti famosiinvadendo così le stampe ukiyoe, dove si mescolano alle scene e agli spazi del quotidiano – i vicoli cittadini,le abitazioni dei mercanti, le grandi arterie di comunicazione, i quartieri di piacere, i teatri – per raccontare

il riemergere di tutto ciò che si cerca di nascondere, controllare, regolamentare: la paura della notte, con le ombre che si celano nelle strade o nelle campagne dimenticate dal processo di urbanizzazione; le passioni che esplodono incontrollate e sfidano i rigidi codici di comportamento; la minaccia delle creature che si nascondono sul fondo dei fiumi e tornano a reclamare lo spazio e il tempo della natura che l’uomo tenta di governare.

[Yoshitoshi Tsukioka (1839-1892) Kingo Chūnagon Hideaki, 1868-1869, dalla serie Cento guerrieri scelti da Yoshitoshi. Xilografie policrome su carta di gelso. Collezione privata, Bologna]

CENTO CANDELE E TI AVVOLGE LO SPAVENTO
UN ANTICO RITUALE PER TROVARE IL CORAGGIO
La mostra si apre con una sala immersiva che fa rivivere al visitatore l’esperienza della più leggendaria prova di coraggio dei samurai: il rituale delle 100 candele, che iniziava dopo l’ora del tramonto e vedeva i samurai riunirsi in una stanza illuminata dalle candele. Ognuno di loro doveva raccontare ai compagni una storia popolata di yōkai, per testare il loro coraggio spaventandoli a morte. Al termine della storia, chi l’aveva narrata doveva alzarsi, spegnere la candela di una lanterna, prendere uno specchio e specchiarvisi nell’angolo più lontano dagli altri: l’oscurarsi progressivo della stanza accompagnava la narrazione di racconti sempre più spaventosi e carichi di suspense.

Allo stesso modo i visitatori fanno il loro ingresso in una stanza totalmente buia, illuminata soltanto dalla fioca luce di cento candele che, con un gioco di specchi sembrano moltiplicarsi e proiettare sui loro volti rosse ombre tremolanti. Le candele si spengono poi una ad una, accompagnate dalla voce roca del fantasma di un vecchio samurai, morto dopo essere impazzito per aver incontrato un vero mostruoso yōkai nella notte.

Una volta usciti dalla sala, i visitatori incontrano le stampe dei mostri, sorpresi da voci, suoni, rochi racconti improvvisi ed evocazioni che mettono in scena la paura degli antichi samurai.

[Yoshitoshi Tsukioka (1839-1892). Il lottatore Konjin Chogoro lancia un diavolo, 1866-1867, dalla serie Gli eroi belli e coraggiosi del Suikoden. Xilografie policrome su carta di gelso. Collezione privata, Bologna]

YŌKAI, YŪREI, ONI, BAKEMONO, KAPPA E TENGU
IN MOSTRA LA PAURA
Anfibi bizzarri, oggetti animati, mutaforma, scheletri e fantasmi, ibridi inquietanti e improbabili: l’estetica del grottesco e del mostruoso pervade la cultura giapponese fin dalle sue origini, giocando un ruolo di primo piano nell’arte visiva e nella letteratura grazie all’eccezionale vitalità del suo potenziale creativo che le permette di reincarnarsi in immagini e narrazioni sempre nuove.

Dalle figure tradizionali di bakemono e yūrei cristallizzate nelle stampe ukiyoe del periodo Edo (1603-1868) agli esoscheletri esoterico-apocalittici di Evangelion, alla sfilata dei Pokémon, agli inquietanti protagonisti del J-Horror e del cyberpunk, ai mostri superpiatti di Murakami Takashi e all’estetica urbana del monster kawaii, il mostruoso conserva la sua eccezionale energia e continua ad affermarsi come simbolo privilegiato di una cultura percepita come in continua trasformazione.

La parola yōkai è composta da due caratteri, 妖 (yō) e 怪 (kai): il primo suggerisce fascino, incanto; il secondo significa apparenza, mistero. Le creature che rientrano in questa categoria sono praticamente innumerevoli. Dopo tutto, il Giappone è la terra delle ottomila divinità, perché ogni elemento naturale – albero, roccia, ruscello d’acqua – ma anche ogni oggetto nato dal genio o dal lavoro umano può contenere una scintilla del divino. La cultura giapponese, quindi, è intrisa di una forma di spiritualità già predisposta alla proliferazione di creature che nascono dall’intersezione tra fantastico, religione e vita quotidiana.

[Yoshiharu Utagawa (1828-1888). Il barcaiolo, Zhang Heng, 1856. Xilografie policrome su carta di gelso. Japanese Gallery Kensington, Londra]

IL PERCORSO ESPOSITIVO
LA CENTRALITÀ DEI SENSI COME FULCRO DI STORIE CHE PARLANO DI ANSIE E PAURE
A introdurre la mostra una selezione di stampe di maestri quali Utagawa Kuniyoshi (1798-1861) e Utagawa Toyokuni III (1786-1865) immergeranno i visitatori nelle atmosfere brulicanti di vita e di piaceri dell’epoca Tokugawa, mentre a concluderla è un tuffo in una delle storie più amate dell’ultimo scorcio del periodo, il Nansō satomi hakkenden di Takizawa Bakin (1767-1848), celebre romanzo fiume in centosei volumi scritto tra il 1814 e il 1842, splendidamente tradotto in immagini da Utagawa Yoshitaki (1841-1899) e Utagawa Toyokuni III.

L’intero percorso espositivo si costruisce dando voce ai luoghi, agli spazi, ai sentimenti e alle sensazioni che gli yōkai incarnano per arrivare al cuore della creazione di un immaginario profondamente radicato nella cultura giapponese e attraverso di esso esplorarne le pieghe più intime, nella quali si nascondono sensazioni, inquietudini, paure e desideri vivi, reali e materici.

Così, nella sezione Trepidazione – viaggiare con la fantasia, troviamo Lo sterminio dei demoni da parte di Momotarō, attribuita a Katsushika Hokusai o alla sua scuola. La stampa raffigura uno dei momenti piùiconici della celebre fiaba giapponese di Momotarō, il “bambino pèsca” che riesce a sconfiggere i terribili oni –creature mitologiche simili ai demoni e agli orchi – nell’isola di Onigashima, riconsegnandola al signore delluogo.

Ancora, è esposta qui Shoki che cattura un demone in sogno, un’opera tratta dall’incredibile serie Le nuove forme dei trentasei fantasmi di Tsukioka Yoshitoshi, in cui l’artista, considerato l’ultimo grandemaestro dell’ukiyoe, illustrò trentasei dei suoi racconti preferiti ispirati alle storie e alle leggendegiapponesi, con il suo peculiare stile che rendeva le opere oltremodo terrificanti.

Dalla serie mai completata di Katsushika Hokusai Cento storie di fantasmi proviene la celebre stampa Il ghigno della donna demone, in cui il maestro riprende una antica leggenda buddhista, che racconta di Hariti, una crudele e terrificante orchessa decisa a mangiare tutti i bambini della città di Rajgir, in India. La storia si conclude con la conversione della temibile orchessa in una divinità benevola, protettrice dei bambini, ma Hokusai sceglie di ritrarla nella sua versione più spaventosa, facendone un simbolo del lato oscuro del femminile e della minaccia che esso rappresenta per il potere maschile.

È infatti dal bisogno di arginare questa minaccia che la cultura profondamente patriarcale del Giappone antico ha generato innumerevoli racconti di cui sono protagoniste vecchie streghe che divorano uomini vittime dei loro sapienti inganni, fantasmi vendicativi e demoni crudeli che si nascondono dietro le fattezze di splendide e seducenti fanciulle.

[Kunichika Toyohara (1835-1900) Opera del teatro kabuki, Zenaku Ryomen Ko no Tegashiwa, 1867. Collezione privata Bologna]

I personaggi fantasma erano molto presenti nelle rappresentazioni del teatro kabuki, e gli artisti delle xilografie si ispirarono proprio ai drammi teatrali per immortalarli in molte delle loro opere.

Non a caso una sala dell’esposizione è intitolata A teatro per esorcizzare le paure. Di questa fanno fa parte, ad esempio, gli splendidi trittici di Toyokuni III Utagawa – prolifico artista della stampa su lastra di legno che divenne noto appunto come “il pittore di attori” – tratti da alcuni dei più popolari drammi del tempo come Meiboku sendai hagi, scritto attorno al 1780. La pièce si basava su fatti realmente avvenuti nel Seicento: una disputa per la successione all’interno di una famiglia di stirpe militare. 

Raccontano di lealtà e vendetta le diverse stampe proposte in mostra dedicate alla vicenda storica dei quarantasette ronin di Edo che, nel XVIII secolo, vendicarono il loro signore per poi infliggersi la morte attraverso il seppuku. Tra queste, L’omaggio dei quarantasette ronin al loro signore di Kuniyoshi Utagawa, maestro nelle stampe di guerra.


[Myochin Muneakira Corazza giapponese, 1738 Museo Stibbert, Firenze]

IL MUSEO STIBBERT
UN’IMPORTANTE COLLABORAZIONE CON FIRENZE
La mostra Yōkai si avvale della preziosa collaborazione del Museo Stibbert di Firenze, che concede in prestito per l’occasione un nucleo composto da due straordinarie armature samurai, una delle quali, in acciaio, seta, cuoio, legno e crine, risalente al 1738 e costruita da Myōchin Muneakira, il più abile artigiano di loriche del Giappone del periodo Edo, ma anche elmi e antiche spade tachi, lunghe e incurvate, usate principalmente dalla nobiltà a cavallo.

I pezzi provengono dalla preziosa armeria giapponese dello Stibbert, tra le più ricche al mondo, che vanta esemplari del periodo del cosiddetto Sengoku jidai, l’epoca del paese in guerra, quando a partire dal XV secolo, in un mondo dominato dal timore della morte, il guerriero si trasforma esso stesso in uno yōkai.

Le forme delle armature prendono sempre più spesso ispirazione dalle figure terrifiche create dall’immaginazione popolare, che iniziano a popolare anche i pesanti elmi e le else dei pugnali.

LA MOSTRA NELLA MOSTRA
LE ILLUSTRAZIONI DI GIULIA ROSA
Alla mostra, si aggiunge una selezione di opere realizzate appositamente per l’occasione da giovani artisti o artiste contemporanei. Stavolta, le tavole inedite sono dell’illustratrice Giulia Rosa, che ha scelto di raccontare – con il suo tratto onirico e delicato – la vita, le relazioni, l’amore e le altre crisi esistenziali quotidiane che tutti ci troviamo ad affrontare, lasciandosi ispirare dal favoloso mondo degli yōkai. Seguita da più di 600.000 followers su Instagram, Giulia Rosa ha pubblicato i suoi disegni su riviste nazionali e internazionali e collabora con le maggiori case editrici italiane per la realizzazione di volumi e copertine editoriali.

L’ESTETICA DEL GROTTESCO NELLA CULTURA GIAPPONESE DI OGGI
DA SON GOKU A DEMON SLAYER
La mostra si completa con una selezione di illustrazioni, poster e locandine contemporanee realizzate per gli anime di oggi, da Son Goku, l’iconico protagonista della serie animata Dragon Ball, ispirato allo Scimmiotto del celebre classico cinese Viaggio in Occidente, fino a GeGeGe no Kitarō, a Pom Poko e al successo mondiale Demon Slayer. I capolavori di Miyazaki Hayao, Toriyama Akira e di altri grandi autori mostrano come l’estetica del grottesco e del mostruoso, che pervade la cultura giapponese fin dalle sue origini, sia ancora oggi protagonista indiscussa nell’arte visiva, grazie alla incredibile vitalità del suo potenziale iconopoietico, che le consente di reincarnarsi in immagini e racconti sempre nuovi.

C.S.M.
Fonte: comunicato stampa del 4 giugno 2024
Immagine guida in copertina: Yoshitoshi Tsukioka (1839-1892)
Tsunade minacciato da un serpente, 1866-1867
dalla serie Gli eroi belli e coraggiosi del Suikoden
Xilografie policrome su carta di gelso Collezione privata, Bologna

YŌKAI
MOSTRI, SPIRITI E ALTRE INQUIETUDINI NELLE STAMPE GIAPPONESI
13 giugno – 3 novembre 2024

Museo degli Innocenti
piazza Santissima Annunziata, Firenze
www.mostrigiapponesi.it

Informazioni:
Vertigo Syndrome
Tel. + 39 351 6560343
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