Un ‘cantiere trasparente’, visibile passo dopo passo, riguarderà a breve il capolavoro pompeiano del Mosaico della Battaglia di Isso, tra Alessandro Magno e Dario di Persia (fine II/ inizi I sec. a.C.): un simbolo universalmente noto dei tesori custoditi dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Da oltre un secolo, il “mosaico dei record” cattura, con la sua bellezza magnetica, l’attenzione dei visitatori di tutto il mondo. In rete per il “Gran Musaico”, a fine gennaio partirà la campagna di restauro che durerà fino a luglio, realizzata con la supervisione dell’Istituto Centrale per il Restauro (ICR). Le attività diagnostiche sono promosse in rete con l’Università del Molise (UNIMOL) e il Center for Research on Archaeometry and Conservation Science (CRACS).

Il cantiere sarà visibile al pubblico durante i lavori sulle piattaforme digitali: «sarà un restauro grandioso che si compirà sotto gli occhi del mondo» afferma il Direttore del Mann, Paolo Giulierini.

GUARDANDO INDIETRO NEL TEMPO
Milioni di tessere e una superficie di eccezionale estensione (5,82X 3,13 m): nella casa del Fauno di Pompei, il mosaico decorava il grande pavimento dell’esedra. Agli occhi degli scopritori, nel 1831, il capolavoro si rivelò nell’unicità e nelle dimensioni della scena rappresentata, e nello stato sostanzialmente buono di conservazione.

Durò dodici anni di accesi dibattiti la decisione di distaccare il mosaico per trasportarlo nel Real Museo Borbonico. Il 16 novembre 1844, fu messo in cassa e condotto lentamente da Pompei a Napoli, su un carro trainato da sedici buoi.

Durante il tragitto, all’altezza di Torre del Greco, un incidente sbalzò a terra l’opera che, fortunatamente, non riportò danni. La prima collocazione fu il pavimento della sala CXL; nel 1916, la nuova sistemazione a parete nelle riallestite sale dei mosaici.

L’ATTIVITÀ DI RESTAURO
È ontologicamente complessa: conservazione, collocazione, peso (verosimilmente sette tonnellate) e rilevanza storico-artistica del manufatto enfatizzano la necessità di un progetto esecutivo puntuale e delicato. Il mosaico presenta diverse criticità conservative: distacchi di tessere, microfratture, una lesione diagonale e altre superficiali, rigonfiamenti e abbassamenti della superficie.

L’ITER DIAGNOSTICO
Nel 2015, con il contributo di Iperion Ch.it e del Cnr-Isti di Pisa, si è documentato lo stato di fatto dell’opera, in relazione ai materiali costitutivi, distinguendoli da quelli riconducibili ai restauri di varie epoche. Nel 2018, con la partecipazione dell’Università del Molise e del CNR, è stato eseguito il rilievo di dettaglio del mosaico, mediante fotogrammetria ad alta risoluzione e una indagine tramite georadar sul supporto.

METODOLOGIA E FASI ESECUTIVE
È probabile che i fenomeni di deterioramento siano dovuti essenzialmente all’ossidazione dei supporti in ferro del mosaico e al degrado delle malte. Si aggiungono il peso del mosaico e la posizione verticale, nel cagionare lo scorrimento verso il basso dello strato più superficiale di malta e tessere.

La nuova campagna di indagini diagnostiche, effettuate dall’Università del Molise e dal Cracs, interesserà anche la fase esecutiva del restauro. Un’attenzione particolare riguarderà, inoltre, le condizioni microclimatiche e ambientali, anche in vista delle future condizioni di esposizione.

Il progetto di restauro è connotato dal principio del minimo intervento e finalizzato alla conservazione dell’integrità materiale dell’opera nello stato in cui si trova. Tra le numerose operazioni, che comprenderanno interventi diretti e analisi strumentali, alcune con metodologie assimilabili a quelle chirurgiche, si segnala il contributo tecnologico fornito dalla Tim: appositi smart glasses che, indossati dai restauratori, consentiranno di monitorare costantemente la corrispondenza tra la zona di intervento e la relativa superficie non visibile.

M.F.C.S.
Fonte: Ufficio Comunicazione MANN, 7 gennaio 2021
Contributi fotografici: Pedicini
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