Grazie Maestro Bolle. Grazie per la serata più indimenticabile dell’indimenticabile, più adrenalinica dell’adrenalina, più bella del Bello. Grazie per averci regalato un diluvio di emozioni inattese e uniche, con professionalità e generosità, con l’arte e con il cuore senza il quale tutto il resto non avrebbe senso.

Grazie, “étoile dei due mondi”, per aver portato sulle spalle il solo mondo che l’uomo ha a disposizione, proprio in una sera in cui la sua fragilità è apparsa lampante.

Il pomeriggio era da bollino rosso calore. Già all’ingresso nell’Arena di Verona le nuvole si stava addensando, tuttavia nessuno poteva presagire che sarebbe stata una di quelle volte in cui si era fatto il viaggio di andata con l’aria condizionata a palla e si sarebbe fatto quello di ritorno con il riscaldamento acceso nel tentativo di asciugarsi, perché anche impermeabile e ombrello sarebbero serviti a poco. Ne valeva la pena, perché Bolle ha regalato, ai presenti in delirio, uno dei momenti più straordinari che mai si siano visti in Arena e in assoluto.  

Lo spettacolo è iniziato regolarmente, con i lampi in cielo a gareggiare con le luci sul palco, dando vita a uno di quegli effetti suggestivi che il teatro all’aperto più grande al mondo sa riservare. Le note di Astor Piazzolla, “Alma Porteña”, hanno istantaneamente fatto andare in fibrillazione l’anfiteatro pressoché sold out, che ha accompagnato con grida e applausi non solo le esibizioni ma addirittura i titoli dei vari pezzi susseguitisi sui due schemi laterali, dedicati ai primi piani. L’inizio non poteva che essere alla grande, perché solo grandi, anzi grandissimi nomi della danza figuravano nel “Bolle and Friends” tappa del #bolletour2023. Roberto Bolle ha esordito assieme alla dolce, qui in versione caliente, Nicoletta Manni (Prima Ballerina del Teatro alla Scala) in un passo a due all’insegna della passionalità. A precederli sul palco, il violino solista di Alessandro Quarta, anche compositore delle musiche del numero conclusivo.

Poi i virtuosismi di Madoka Sugai (Prima Ballerina del Balletto di Amburgo) e António Casalinho (Primo Solista del Bayerisches Staatsballett di Monaco), l’una leggera come una piuma nei lunghi tecnicismi sulle punte, lui a strabiliare con salti ai limiti dell’acrobatico, in un quadro ispirato a Parigi. Spazio alla contemporaneità e ritorno di Bolle sul palco accanto alla flessuosa come un giunco Melissa Hamilton (Prima Ballerina del Royal Ballet di Londra) per “Infra” di Wayne McGregor, uno spaccato di vita come scorre sotto la superficie esteriore di una città.

La classicità di Prokof’ev ha fatto irruzione con “Romeo e Giulietta”, titolo simbolo per Verona e per l’Arena che proprio sul palcoscenico vanta un grande arco sormontato da un balcone che più shakespeariano non potrebbe essere. Da questo, si è affacciata Giulietta Yasmine Naghdi prima di raggiungere, correndo giù per i gradoni, l’amato Romeo William Bracewell (entrambi Primi Ballerini del Royal Ballet di Londra) in una full immersion nel romanticismo.  

Un must degli spettacoli di Bolle & Friends è il duetto al maschile, che anche quest’anno ha regalato momenti di grande intensità emotiva. Ideato da Claude Brumachon, nel corso di “Les indommptés” i movimenti si sono intrecciati, sono passati dal corpo dell’uno – Roberto Bolle – al corpo dell’altro – l’International Guest Artist Toon Lobach – come se le membra fossero percorse da scosse elettriche. Una interazione tra due esseri umani che condividono l’energia vitale.

Ancora la tradizione de “Il Corsaro” come immaginato dal grande Marius Petipa. Le sue impegnative variazioni hanno visto tornare sul palco Nicoletta Manni acclamata assieme a Timofej Andrijashenko (Primi Ballerini del Teatro alla Scala), coppia in scena e nella vita che proprio all’Arena di Verona nel 2022 si sono dichiarati amore eterno (vedi recensione DeArtes qui) e che i meglio informati danno per sposi fra pochi giorni. Durante “Carmen”, che ha visto ricomporsi la coppa Bolle – Hamilton in un intrigante gioco di reciproca seduzione, è iniziata una pioggerellina sottile.

È giunto il momento di sottolineare che, contrariamente a quanto accade durante i concerti pop, il palcoscenico non è coperto, pertanto artisti e pubblico sono sotto lo stesso cielo. Le poche gocce si sono tramutate in scroscio. Tutti (parliamo di oltre 13 mila persone) si sono rifugiati negli storici arcovoli dell’anfiteatro. Poi il ritorno in cavea, il palco asciugato una prima volta per il bellissimo pezzo elettro-dark che ha proiettato la danza nel futuro, intitolato “I”, del coreografo noto per la sua originalità Philippe Kratz, affidato agli International Guest Artist Casia Vengoechea e Toon Lobach, anch’esso portato a termine sotto la pioggia che era ripresa. Caduto vittima del meteo, solo un numero tra quelli previsti in programma: è mancato all’appello “Don Chisciotte” di Madoka Sugai (Prima Ballerina del Balletto di Amburgo), e Bakhtiyar Adamzhan (Principal Dancer dell’Opera di Astana).

Quindi un nuovo fuggi fuggi, poi un altro rientro e ulteriore asciugatura palco, e così ancora un’altra volta. Infine, l’annuncio che mai ci si sarebbe aspettati: «siete pregati di tornare ai vostri posti perché lo spettacolo prosegue». Non credevamo alle nostre orecchie: pareva di trovarsi al cospetto delle cascate del Niagara, come era possibile? Il palcoscenico era scivoloso e si era trasformato in un campo minato per un danzatore, assai rischioso per infortuni e contratture muscolari. Però Bolle sapeva che tanta gente era giunta a Verona da vicino a da lontano per lo spettacolo. Il pubblico era ormai decimato dagli “attacchi” meteo, ma l’étoile non ha voluto deludere quanti si erano fermati in attesa che si compisse un piccolo miracolo, quegli ormai pochi spettatori in spasmodica attesa della sua ultima meraviglia, “Sphere”, nuova coreografia di Mauro Bigonzetti.

Non stava piovendo, stava diluviando. Così, sotto le cateratte aperte di quel cielo che Bolle, con la sua arte, è solito toccare con un dito, sono partite le note composte da Alessandro Quarta ed è iniziata la magia.

L’interprete si è presentato (semi)nudo all’appuntamento, spogliato di qualsivoglia sovrastruttura. Il sorriso non era quello stampato di ogni ballerino, era un sorriso sincero, vero. Era la felicità di chi dona tutto se stesso alla danza in una costante ricerca del Bello che non si risolve nei cinque minuti di una esibizione, ma è scopo, ragione, missione di vita.

Bagnato come un pulcino, i muscoli potenti solcati da rivoli di pioggia, il suo piede ha strisciato nelle pozze d’acqua del palcoscenico, cauto ma rigoroso nelle pose e nelle linee del corpo che la scivolosità mai ha reso meno perfette. I fasci di luci emessi dai riflettori erano rigati dalle traiettorie delle gocce, l’impianto audio si lamentava gracchiando mentre gli schermi rimandavano immagini intermittenti, segno di sofferenza tecnologica. Proprio come sofferente è il mondo che abitiamo e maltrattiamo.

L’enorme globo, partner dell’insolito pas de deux, anch’esso divenuto sdrucciolevole, rappresentava il nostro pianeta privo di contorni geografici, apparso per quello che è: un agglomerato materico senza confini e senza distinzioni di alcun genere. Roberto Bolle ci ha mostrato, in danza, quanto la Terra sia vulnerabile, concetto apparso ancor più evidente nella sera di clima impazzito. E ci ha indicato quanto l’umanità debba imparare a interagire con essa, facendosene carico. Come un moderno Atlante, Bolle si è issato sulle spalle il nostro fragile pianeta, l’ha rigirato qua e là con cura, infine, in un atto rivelatorio, lo ha lanciato in alto, verso il cielo, in direzione di quell’universo cui appartiene. E noi con lui.

Un abbraccio di Bolle, condiviso con i Friends, alla madre Terra nostra nutrice, al pubblico, alla danza e alla bellezza. Possiamo dire: «noi c’eravamo». Grazie Maestro Bolle. Grazie.

Recensione Maria Luisa Abate
Visto all’Arena di Verona il 19 luglio 2023
Foto Andrej Uspenski

#bolletour2023