A Ocean Space in corso la mostra sul cambiamento climatico di 2 artiste delle isole del Pacifico, in concomitanza con la Biennale.

Le due nuove commissioni site-specific di artiste indigene, Latai Taumoepeau e Elisapeta Hinemoa Heta, mettono in evidenza le questioni ecologiche e il loro impatto sulla regione del Pacifico. Commissionata da TBA21–Academy e Artspace, Sydney, e realizzata in collaborazione con le OGR Torino, la mostra Re-Stor(y)ing Oceania è aperta a Ocean Space a ingresso libero fino al 13 ottobre 2024. La mostra coincide con la 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia (vedi qui).

LE ISOLE DEL PACIFICO E IL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Re-Stor(y)ing Oceania invita il pubblico a connettersi con le voci degli/delle artisti/e delle comunità che abitano e operano nella vasta e diversificata regione delle isole e degli atolli dell’emisfero australe. Le isole del Pacifico sono una delle regioni più colpite dagli effetti nefasti del cambiamento climatico. I/Le leader e le comunità indigene hanno chiesto per decenni indagini più estese e una maggiore consapevolezza delle crisi che ne derivano. I popoli del Pacifico occupano oltre un quarto del pianeta, con legami ancestrali che si estendono da Taiwan alle Filippine fino a Papua Nuova Guinea, alle Isole Salomone, Tonga, le Samoa, le Figi e Palau, le Hawaii a nord, l’isola più meridionale di Aotearoa, Rapa Nui a est, e la costa occidentale del continente australiano.

Nonostante l’indipendenza di molti stati insulari nell’Oceano Pacifico a partire dal 1962, l’eredità della colonizzazione continua a pesare sulle comunità oceaniche, sia dal punto di vista sociale che economico, attraverso lo sfruttamento continuo delle loro risorse naturali.

LA MOSTRA
In un’epoca segnata dalla crisi climatica e ambientale, Re-Stor(y)ing Oceania si impegna a sovvertire questa traiettoria estrattiva attraverso forme d’arte, l’oratoria, il canto, la genealogia, la performance, “embodied knowlege” (conoscenza empirica) e i sistemi di credenze cosmologiche oceaniche.

La visione curatoriale di Taloi Havini, artista originaria di Bougainville e recente vincitrice del premio Artes Mundi, è guidata da un metodo ancestrale di chiamata e risposta. Per queste nuove commissioni, Havini ha invitato l’artista Latai Taumoepeau a proporre un appello con l’opera “Deep communion sung in minor (ArchipelaGO, this is not a drill)” e l’architetta Wāhine Elisapeta Hinemoa Heta a rispondere con “The Body of Wainuiātea”.

APPROFONDIMENTI

[OS, Exhibition Re-Stor(y)ing Oceania, Latai Taumoepeau Ph Giacomo Cosua]

DEEP COMMUNION SUNG IN MINOR (ARCHIPELAGO, THIS IS NOT A DRILL)
LATAI TAUMOEPEAU
ALA EST
L’artista tongana Latai Taumoepeau presenta “Deep communion sung in minor (ArchipelaGO, this is not a drill)”, un’installazione sonora immersiva a 16 canali che risveglia l’attenzione globale sui pericoli legati all’estrazione mineraria in alto mare nel Pacifico.

In un’arena composta da macchine sonore e per pagaiare, quest’opera evoca il culto congregazionale di massa e stratifica gli attori geopolitici all’interno delle complessità culturali che circondano le credenze spirituali e le pratiche rituali, realizzando una “durational performance” faiva(incentrata sul corpo). Taumoepeau invita il pubblico a unirsi a lei in un’invocazione per richiedere assistenza e cura collettiva di Moana (Oceania).

L’installazione immersiva rappresenta un’interpretazione dell’antico rituale corale chiamato Me’etu’upaki,dove me’e sta per danza, tu’u significa in piedi e paki – con le pagaie. Quando il pubblico partecipa a gruppi per alimentare le macchine per pagaiare, amplifica il cerimoniale Me’etu’upaki del popolo di Taumoepeau, contribuendo con un lavoro di squadra alla resistenza contro l’estrazione mineraria in acque profonde (DSM).

Al centro di quest’opera c’è l’antico obbligo culturale di mantenere viva la cosmogonia degli/delle antenati/e tongani/e dell’artista oltre il (spazio/tempo), in cui Kele (sedimenti marini) e Limu (alghe) rimangono intatte. Taumoepeau solleva l’interrogativo, chi è disposto a darsi da fare in questo esercizio di responsabilità ecologica?

[OS, Exhibition Re-Stor(y)ing Oceania, Elisapeta Hinemoa Heta. Ph Giacomo Cosua]

THE BODY OF WAINUIĀTEA
ELISAPETA HINEMOA HETA
ALA OVEST

“The body of Wainuiātea” di Elisapeta Hinemoa Heta presenta una nuova installazione che incarna rituali e cerimonie guidati dai concetti Māori di kawa e tikanga, radicati nelle sue terre ancestrali di Aotearoa Nuova Zelanda. Leader e promotrice del cambiamento Māori, Samoano e Tokelauano, attraverso la propria opera offre prospettive Māori e Pasifika sull’importanza del luogo da progettare e dell’identità culturale, in relazione a whenua (terra). Con la sua pratica artistica, Heta crea spazi ed esperienze che rendano visibili storie spesso celate, ponendo particolare attenzione alle voci indigene e Wāhine (femminili).

The body of Wainuiātea è composto da karanga (appello spirituale delle donne Māori), vasi di zucca intagliata, olio di cocco profumato, legno, mattoni, tessuto e acciaio inossidabile. La disposizione dei mattoni di terra evoca gli antichi siti cerimoniali per il riconoscimento degli atua (divinità).

Questa Ātea è stata appositamente progettata da Heta per invitare i visitatori a riconoscere Wainuiātea e a portare con sé i/le propri/e antenati/e in questo luogo cerimoniale.

Sedici sedute sono state posizionate in relazione ai punti cardinali, al sorgere e al tramontare del sole. In alto, dodici pieghe graduali di tessuto onorano Ranginui/Rangi/Lagi e i dodici livelli del cielo. Un karanga (appello cerimoniale) composto e intonato da Rhonda Tibble risuona tre volte al giorno per onorare Moana (Oceania) come tapu (sacra). Derivato da “tika”, che significa modo giusto o corretto, tikanga è la definizione di ciò che è corretto per mantenere l’equilibrio nelle nostre relazioni, sia con il mondo umano che con l’ambiente.

Entrare in The Body of Wainuiātea implica decidere consapevolmente di superare il divario tra l’individuale e il collettivo, tra il privato e il pubblico, per sperimentare la relazionalità con il prossimo.

PROGRAMMA
Havini collabora a stretto contatto con un comitato curatoriale con il quale promuove programmi pubblici incentrati sulle prospettive indigene di tutta l’Oceania, l’Australia e l’Asia-Pacifico e le sue diaspore. Tre giorni di live performance si tengono durante la settimana del vernissage della Biennale di Venezia (16-20 aprile 2024), e rimarranno accessibili online.

Artisti/e, accademici/che, attivisti/e, scienziati/e, i /le custodi della conoscenza e familiari che hanno collaborato con Heta e Taumoepeau, si confrontano nei programmi pubblici e in Ocean / Uni per condividere idee ed esperienze su come le comunità dell’Oceania navighino le sfide del nostro tempo, incluse storie di colonizzazione, migrazione, militarismo, esposizione alle radiazioni, estrazione delle risorse e cambiamento climatico.

NELLA RESEARCH ROOM
In concomitanza con la mostra, Ocean Space ospita “Climate crisis and cultural loss” (2021-2024), la ricerca in due fasi che segna la conclusione dell’omonimo progetto guidato dalla professoressa Ute Meta Bauer presso la NTU ADM. L’indagine verrà presentata successivamente in un’altra configurazione presso la ADM Gallery, una galleria universitaria della School of Art, Design, and Media (NTU ADM) della Nanyang Technological University di Singapore.

M.C.S.
Fonte: comunicato stampa del 23 marzo 2024
Immagine di copertina: OS, Exhibition Re-Stor(y)ing Oceania
Elisapeta Hinemoa Heta Foto Giacomo Cosua

RE-STOR(Y)ING OCEANIA
LATAI TAUMOEPEAU. DEEP COMMUNION SUNG IN MINOR (ARCHIPELAGO, THIS IS NOT A DRILL)
ELISAPETA HINEMOA HETA. THE BODY OF WAINUIĀTEA
23 marzo – 13 ottobre 2024
Ingresso libero

Ocean Space
Chiesa di San Lorenzo
Castello 5069, Venezia
www.ocean-space.org  
www.tba21.org/academy