Rinvenuti i resti del più antico tempio arcaico dedicato ad Athena sull’acropoli di Elea-Velia. Al suo interno ceramiche dipinte, elmi, armi e armature della battaglia di Alalia.

«È importante continuare a investire con convinzione nella ricerca archeologica che non smette di restituire importanti tasselli della storia del Mediterraneo» ha commentato il Ministro della Cultura, Dario Franceschini.

Durante una campagna di scavi da poco conclusa nel Parco archeologico di Paestum e Velia, gli archeologi hanno riportato alla luce resti di muri realizzati con mattoni crudi, intonacati e fondati su zoccolature in blocchi accostati in poligonale, una tecnica utilizzata anche per le abitazioni di età arcaica rinvenute lungo le pendici dell’acropoli. Tali testimonianze disegnano un edificio rettangolare lungo almeno 18 metri e ampio 7. La porzione interna della struttura è pavimentata con un piano in terra battuta e tegole, sul quale, in posizione di crollo, sono stati rinvenuti elementi dell’alzato, ceramiche dipinte, vasi con iscrizioni “IRE”, ovvero “sacro”, e numerosi frammenti metallici pertinenti ad armi e armature, tra cui due elmi, uno calcidese ed un altro di tipo Negau, in ottimo stato di conservazione.

I risultati della ricerca -iniziata nel mese di luglio 2021 e programmata sotto la direzione di Gabriel Zuchtriegel – consentono di far luce sulle più antiche e lacunose fasi di vita della città, fondata intorno al 540 a.C. dai coloni Focei provenienti dall’Asia Minore.

«I rinvenimenti lasciano ipotizzare una destinazione sacra della struttura»  spiega il Direttore Generale dei Musei e Direttore Avocante del Parco Archeologico di Paestum e Velia, Massimo Osanna. «Con tutta probabilità in questo ambiente vennero conservate le reliquie offerte alla dea Athena dopo la battaglia di Alalia, lo scontro navale che vide affrontarsi i profughi greci di Focea e una coalizione di Cartaginesi ed Etruschi, tra il 541 e il 535 a.C. circa, al largo del mar Tirreno, tra la Corsica e la Sardegna. Liberati dalla terra solo qualche giorno fa, i due elmi devono ancora essere ripuliti in laboratorio e studiati. Al loro interno – ipotizza Osanna – potrebbero esserci iscrizioni, cosa abbastanza frequente nelle armature antiche, e queste potrebbero aiutare a ricostruire con precisione la loro storia, chissà forse anche l’identità dei guerrieri che li hanno indossati. Certo si tratta di prime considerazioni che già così chiariscono molti particolari inediti di quella storia eleatica accaduta di più di 2500 anni fa».

Elmo Negau

Prosegue Osanna: «La struttura del tempio più antico risale al 540-530 a.C., ovvero proprio gli anni subito successivi alla battaglia di Alalia, mentre il tempio più recente, che si credeva di età ellenistica, risale in prima battuta al 480-450 a. C., per poi subire una ristrutturazione nel IV sec. a C. È possibile quindi – suppone Osanna –  che i Focei in fuga da Alalia l’abbiano innalzato subito dopo il loro arrivo, com’era loro abitudine, dopo aver acquistato dagli abitanti del posto la terra necessaria per stabilirsi e riprendere i floridi commerci per i quali erano famosi. E alle reliquie da offrire alla loro dea per propiziarne la benevolenza aggiunsero le armi strappate ai nemici in quell’epico scontro in mare che di fatto aveva cambiato gli equilibri di forza nel Mediterraneo».

L’archeologo del Parco, Francesco Uliano Scelza aggiunge che «Il lavoro ha condotto a dare risposta a questioni aperte da oltre settant’anni. Adesso si lavora a ulteriori progetti di fruizione, studio e valorizzazione. Tra questi, la rimodulazione dell’Acropoli, da rendere visibile e visitabile in ogni sua parte e la rielaborazione dei luoghi espositivi della Cappella Palatinae e della chiesa di Santa Maria».


C.S.M.
Fonte: Ufficio Stampa Mic, 1 febbraio 2022
Immagine di apertura: Elmo Calcidese

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