Al Teatro Alighieri, tre titoli d’opera e tre appuntamenti con la danza da gennaio ad aprile, con artisti italiani e ospiti internazionali.

Come reagiamo al mondo che cambia? Ci coglie impreparati, ci rende curiosi, spaventati, entusiasti? La Stagione 2023 del Teatro Alighieri di Ravenna torna in scena, dal 14 gennaio al 23 aprile, con tre titoli d’opera – per i quali la meravigliosa “fabbrica” del teatro è in prima linea per impegno produttivo – e tre appuntamenti con la danza che alternano energie italiane a ospiti internazionali.

[Tamerlano, Bajazet]

STAGIONE D’OPERA 2023
Il 14 e 15 gennaio il sipario si alza sulla Stagione Opera con il nuovo allestimento de Il Tamerlano di Antonio Vivaldi (1735), del quale la regia di Stefano Monti mira a sottolineare tanto la dimensione barocca quanto atemporale. La prima emerge anche nell’integrazione di diversi linguaggi: il teatro di figura che nella Venezia seicentesca incontrò il melodramma, ma anche la danza che trova filologica ragione nei “balli” citati nel libretto originale e, nelle coreografie di Marisa Ragazzo e Omid Ighani della DaCru Dance Company, diventa un’amplificazione degli stati d’animo dei personaggi. Dopo tutto, Il Tamerlano, o la morte di Bajazet – “pasticcio” in cui confluirono, come prassi per l’epoca, pagine di Vivaldi e materiali presi in prestito da altri compositori e altri titoli – è un trionfo di inazione su cui dominano le passioni.

Cuore musicale della nuova coproduzione (con Piacenza, Reggio Emilia, Modena e Lucca), è la ravennate Accademia Bizantina, guidata da Ottavio Dantone al clavicembalo; come nel caso dell’incisione per l’etichetta Naïve Classique, la Bizantina si affida all’edizione critica di Bernardo Ticci, con le variazioni dello stesso Dantone. Mentre il baritono Bruno Taddia, il controtenore Filippo Mineccia e il contralto Delphine Galou – rispettivamente Bajazet, Tamerlano e Asteria – avevano già partecipato al disco del 2020, completano il cast Gianluca Margheri (Bajazet nella replica del 15 gennaio), Marie Lys come Irene, Federico Fiorio come Andronico e Giuseppina Bridelli come Idaspe.

[La Boheme © Silvia Lelli]

È un felice ritorno sulla scena quello de La bohème, il 24 e 26 marzo, nella produzione di Ravenna Festival e Teatro Alighieri concepita per la Trilogia d’Autunno 2015, dedicata al più amato dei capolavori di Giacomo Puccini. Nel solco tracciato negli anni dalle regie di Cristina Mazzavillani Muti, il riallestimento – in coproduzione con il Teatro Galli di Rimini – combina l’impiego di avanzate tecnologie audio e video al coinvolgimento della nuova generazione di musicisti. Se in buca c’è infatti l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, guidata in questo caso da Nicola Paszkowski, Cristina Muti si è avvalsa della collaborazione di Vincent Longuemare alle luci, Alessandro Lai ai costumi, del video programmer Davide Broccoli e del visual designer David Loom.

Ispirandosi all’onirica fantasia di Odilon Redon, tra i principali artisti del movimento simbolista e amico di Stéphane Mallarmé, le scene virtuali immergono gli spettatori in paesaggi visionari, in parte già presaghi delle atmosfere del mondo espressionista. Quella che ne affiora è una Bohème cupa, feroce, disincantata; un dramma di incomunicabilità che, con impietosa poesia, si interroga sulle ragioni dell’esistenza, il valore della ricerca artistica, lo sgretolarsi del sentimento. Al soprano armeno Juliana Grigoryan, che ha appena vinto il primo premio al concorso Operalia, oltre al premio del pubblico, è affidato il ruolo di Mimì, a Alessandro Scotto di Luzio quello di Rodolfo. Christian Federici, Clemente Antonio Daliotti e Andrea Vittorio De Campo completano il quartetto dei bohémiens, mentre Alessia Pintossi è Musetta. Antonio Greco guida il CoroCherubini; il Coro di Voci Bianche Ludus Vocalis è preparato da Elisabetta Agostini.

A completare il percorso Opera, il 21 e 23 aprile, è Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini. Dopo Le nozze di Figaro in Trilogia, l’Alighieri torna a ospitare i personaggi nati dalla penna di Beaumarchais – Figaro, ma anche il Conte di Almaviva e Rosina che diventerà la Contessa – in una delle loro più celebri incarnazioni nel teatro musicale. E se il protagonista è l’emblema di un nuovo ceto che conta su ingegno e intraprendenza, su qualità personali piuttosto che su nobili natali, la prima del 1816 al Teatro di Torre Argentina di Roma fu salutata da una tempesta di proteste…scatenata dai sostenitori del più anziano maestro Paisiello, il cui Barbiere avrebbe finito per essere oscurato dalla creazione dell’allora ventitreenne compositore pesarese.

Il nuovo allestimento – in arrivo all’Alighieri dopo il debutto a Rovigo, capofila della coproduzione che conta anche Pisa, Jesi e Lucca – fa affidamento su un considerevole contributo ravennate, grazie al coinvolgimento della compagnia Fanny & Alexander. Dopo L’isola disabitata proposta nella passata Stagione, Luigi De Angelis torna infatti alla regia, curando anche scene e luci mentre Chiara Lagani firma i costumi. Sul podio dell’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta c’è un giovane direttore, Giulio Cilona, attualmente Kapellmeister alla Staatsoper di Hannover, mentre il coro è quello Lirico Veneto preparato da Flavia Bernardi. La scaltrezza del Figaro di Alessandro Luongo dovrà aiutare il Conte di Almaviva di Matteo Roma a conquistare Rosina, ovvero Mara Gaudenzi, sottraendola alle mire del suo tutore Don Bartolo, Omar Montanari; Arturo Espinosa, Giovanna Donadini e Francesco Toso sono rispettivamente Don Basilio, Berta e Fiorello.

Ad accompagnare il percorso della Stagione d’Opera ci sarà anche Prima dell’opera, tre incontri di approfondimento dedicati ai titoli in programma e collocati nella nobile cornice di Palazzo Rasponi (Piazza Kennedy): venerdì 13 gennaio sarà Guido Barbieri, storica voce di Rai Radio 3, a guidarci alla scoperta e riscoperta del Tamerlano di Vivaldi; giovedì 23 marzo Susanna Venturi del Corriere Romagna si concentrerà sulla Bohème di Puccini; giovedì 20 aprile la riflessione su Il barbiere di Siviglia di Rossini è affidata a Luca Baccolini, collaboratore di La Repubblica e redattore di Classic Voice. Tutti gli appuntamenti saranno alle 18 e a ingresso libero.

[Asylum by Rami Be’er Photo Credit Udi Hilman]

DANZA 2023
Prima tappa della Stagione Danza è, il 12 febbraio, Ballade: con questo titolo la MM Contemporary Dance Company presenta un nuovo dittico di coreografie – Elegia di Enrico Morelli e, per l’appunto, Ballade di Mauro Bigonzetti. Dopo il debutto a Modena a novembre, la compagnia fondata da Michele Merola nel 1999 porterà così a Ravenna, incrociando la rassegna ToDay ToDance in collaborazione con Cantieri Danza, un doppio ritratto d’epoca. Nel caso di Ballade si tratta degli anni Ottanta, decennio che ha ormai perduto i propri confini temporali per diventare simbolo di un’era. Bigonzetti la racconta ispirandosi anche al lavoro dello scrittore Pier Vittorio Tondelli, fra le più rappresentative voci di quegli anni, e una drammaturgia musicale che include Prince, l’anarchica genialità di Frank Zappa, la poesia di Leonard Cohen, l’estetica punk ed esistenziale dei CCCP – Fedeli alla linea. L’obiettivo? Recuperare le sensazioni di un’intera generazione, le euforie dissolte, le collettive insensatezze, ma anche la sperimentale creatività.

Elegia, su musiche di Chopin e Giuseppe Villarosa, si concentra su un oggi dominato dal senso di smarrimento, attraverso una danza corale che immerge lo spettatore in linee e traiettorie lungo le quali si incontrano individui accomunati dalla ricerca di un’identità, di una rotta, di paesaggi familiari.

Il 4 e 5 marzo ritorna sul palcoscenico del Teatro Alighieri la Kibbutz Contemporary Dance Company, compagnia israeliana che Yehudit Arnon – sopravvissuta ad Auschwitz – fondò nel 1973 in un kibbutz sulle colline della Galilea occidentale (dove ha ancora sede e accoglie artisti da ogni parte del globo). Oggi la, KCDC è considerata uno dei migliori centri di danza al mondo, anche grazie alle distintive coreografie del suo direttore artistico, Rami Be’er, che ne sono diventate il marchio di fabbrica. In questo caso la tecnica e l’energia degli interpreti della KCDC saranno incanalate in Asylum, con cui Be’er esamina concetti quali identità ed estraneità, senso di appartenenza e libertà. Interrogandosi sul destino di coloro che chiedono asilo, esprimendo attraverso il movimento la nostalgia di chi ha perduto ogni cosa e finanche la propria identità, Be’er affronta a viso aperto uno dei grandi conflitti della contemporaneità. E ci invita all’empatia per una condizione che ha profonde radici nell’esperienza esistenziale di ognuno di noi, diversamente impegnati nella ricerca di un luogo da poter chiamare “casa”.

Altro ritorno a Ravenna quello del Malandain Ballet Biarritz, che l’11 e 12 marzo propone una raffinata Serata Stravinskij con ventidue danzatori impegnati a misurarsi con pagine musicali che hanno fatto la storia (e la leggenda) della danza. L’uccello di fuoco è riletto da Thierry Malandain, direttore artistico la cui impronta coreografica spicca il volo dalla cultura del balletto classico per posare uno sguardo moderno sulla potenza, la sensualità, la virtuosità ma anche l’umanità del corpo danzante. La creazione di Stravinskij e Fokine che debuttò a Parigi nel 1910 per i Ballets Russes di Diaghilev attinge dalla tradizione della fiaba russa; Malandain si è invece concentrato sul simbolismo di creature che legano cielo e terra, fino a fare dell’uccello di fuoco un “traghettatore di luce” che porta consolazione e speranza agli uomini.

Anche la rilettura de La Sagra della primavera mira a conservare intatta la dimensione mitica e sacra pur tingendosi di contemporaneità. Il linguaggio spiccatamente corporale ed esplosivo di Martin Harriague, associato alla compagnia dal 2018, restituisce tutto il furore e il mistero della natura che rinasce, della pulsione vitale che fiorisce in movimento e ritmo.

C.S.M.
Ufficio Stampa, 12 novembre 2022
Immagine di copertina: L’Oiseau de feu © Olivier Houeix-OHX

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