«Auguro a questo teatro di tornare bello e rigoglioso come era anni fa». Ha centrato il punto della situazione Eleonora Buratto, nome di punta del concerto organizzato per celebrare i 200 anni del Teatro Sociale di Mantova. Il soprano, uno dei più grandi e stimati al mondo, ha donato al pomeriggio celebrativo un cameo oltremodo generoso. Era infatti da poco reduce dall’ennesimo trionfo al Met come Elisabetta in Don Carlo, ruolo che il giorno seguente avrebbe interpretato al Maggio Musicale Fiorentino (vedi notizia DeArtes qui). Una giornata che quindi avrebbe dovuto essere dedicata al riposo della voce e che ha reso ancor più speciale il suo intervento, svolto con palpabile affetto verso la terra che le ha dato i natali.

La data prescelta era quella del 26 dicembre, lo stesso giorno in cui, nel 1822, il Teatro Sociale di Mantova alzò per la prima volta il suo sipario, dando il via a una lunga, e purtroppo lontana serie di anni gloriosi. Il Covid ha costretto a casa due degli ospiti di riguardo che erano attesi. Presenti nel palco centrale, il Maestro Leone Magiera, docente, pianista e direttore d’orchestra nonché marito di Mirella Freni e Ambasciatore per meriti artistici presso l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani. Accanto, la signora Francesca Campogalliani, figlia dello scomparso Maestro Ettore alla cui scuola di perfezionamento sono passati tutti, ma proprio tutti i più grandi nomi di molte generazioni di cantanti lirici.

Venendo al concerto, Eleonora Buratto ha regalato, in chiusura, due momenti indimenticabili: “Piangete voi? … Al dolce guidami” da Anna Bolena di Gaetano Donizetti e, a grande richiesta, un bis riguardante la celeberrima “Sì, mi chiamano Mimì” da La bohème di Giacomo Puccini. La voce è quella splendida che conosciamo e che abbiamo più volte lodato sulle colonne di questo giornale. Una voce basata sulla padronanza tecnica, iniziando da quel solfeggio che Buratto ha con un sorriso ricordato essere uno dei punti sul quale, agli esordi, era stata sgridata proprio dall’insegnante Magiera durante una lezione. Parallelamente, Buratto ha la capacità di guarnire la tecnica con il sentimento, con la passione, con l’espressività. Con quelle doti comunicative che conferiscono calore, oltre che colore, a ogni sua interpretazione e che si sommano all’innata eleganza della linea di canto. In questa specifica circostanza, più di altre caratteristiche, hanno conquistato le messe in voce dalla morbidezza del velluto serico, i filati sussurrati (sempre ben poggiati) che si sono inspessiti per poi tornare ad assumere la rilucente trasparenza del cristallo. Nulla meno che sublime.

Di adeguato valore qualitativo è stato l’apporto dei maestri dell’Orchestra da Camera di Mantova, una delle eccellenze di cui la città va fiera e grazie a cui è internazionalmente conosciuta. Una formazione orchestrale come sempre puntuale, come sempre duttile e all’altezza di ogni situazione, qui guidata da Aldo Sisillo.  

Bella l’idea di confezionare il programma su musiche composte tutte nel 1822-23. In apertura del concerto, l’overture op. 124 “La consacrazione della casa” di Ludwig Van Beethoven, brano simbolico perché fu scritto in occasione dell’inaugurazione del Josefstädter Theater di Vienna. Poi, la sinfonia n. 8 “Incompiuta” di Schubert; infine, ad aprire la strada al mondo operistico che di lì a poco avrebbe interpretato Buratto, la sinfonia da Semiramide di Gioachino Rossini.

Il pubblico ha così potuto gustare dapprima le note maestose e solenni del genio di Bonn, del quale il direttore Sisillo e OCM hanno posto in risalto anche la vivacità contrappuntistica. Poi, si sono apprezzati i contrasti del compositore viennese tra colori drammatici e spunti pacati, tra accenti dolorosi e impeti vorticosi. Infine, il Cigno di Pesaro, in quella che gli studiosi definiscono come la sua ultima scrittura “italiana” prima di essere influenzato dal gusto francese. Anche in questo caso, Sisillo ha condotto l’OCM attraverso la complessità formale dell’autore, in una esecuzione dalle tinte cangianti e dalle dinamiche che hanno assecondato i tempi prettamente rossiniani.

Un bel concerto? Certamente sì, anzi splendido. Un rilancio del Sociale, come annunciato? Questo ce lo dirà il tempo. Al momento, ci accontentiamo della ventata di ottimismo.

Recensione Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Sociale di Mantova il 26 dicembre 2022
Contributi fotografici: MiLùMediA for DeArtes