Il titolo completo è “Scusa, sono in riunione … ti posso richiamare?” una frase tormentone che diventa una cantilena, un refrain, una ossessione, un caos martellante di voci simultanee che si sovrappongono, che parlano senza ascoltarsi. E danno subito la chiave di lettura dello spettacolo, rimarcata in seguito in una scena illuminante: si perde più tempo a negarsi al telefono che non ad accettare il contatto umano. La generazione dei quarantenni d’oggi ha perso ogni capacità di relazionarsi, preferendo invece interagire con gli strumenti tecnologici, che utilizza come sostituti di sé. Così, a regnare sulla vita sono stress e nevrosi. Una disamina ironica, sagace, pungente del nostro interagire quotidiano con i mezzi di comunicazione, del rapporto che abbiamo con gli altri e anche con noi stessi.

Lo spettacolo è diviso in due parti nettamente distinte. Il primo tempo è propedeutico: si presentano i personaggi, giovani appena laureati destinati a reincontrarsi anni dopo. Un atto prolisso che a tratti fatica a ingranare, nulla più che gradevole. Ed è un segnale apparentemente negativo quando il nostro vicino di poltrona in platea riesce ad anticipare molte battute, prevedendole. Al contrario, questo si rivela essere uno dei punti di forza del testo, perché chi ci siede accanto è un quarantenne proprio come i personaggi e il suo precorrere i dialoghi dimostra quanto la pièce sia empatica, quanto sia veritiera e faccia centro nel descrivere questa generazione.

Nel secondo atto, la trasformazione: la Cinquecento diventa una Ferrari. Il motore della pièce inizia a rombare, va su di giri e il bolide sfreccia verso il traguardo di un’ironia irrefrenabile, basata sulle battute al fulmicotone così come, più profondamente, sulle situazioni. Nella seconda parte si comprende appieno perché questo spettacolo prodotto da a.Artisti associati – Centro di produzione teatrale stia vivendo una fortunata tournée che dura da anni, e abbia ovunque riscosso meritate ovazioni, anche in quel tempio della commedia brillante che è il Sistina di Roma.

Noi lo abbiamo visto al Teatro Sociale di Mantova sold out, nel cartellone MantovaTeatro organizzato dalla Fondazione Artioli che, detto per inciso, ha inanellato due proposte nell’insieme assai interessanti per il suo pubblico. Pochi giorni prima era andato in scena Orwell e il suo Grande Fratello in una versione teatrale fedele all’originale, cruda e angosciante, mentre ora ecco apparire l’altra possibile faccia della declinazione orwelliana, quella assurda, spiritosa nel mostrarci un certo tipo di potere mediatico.

In “Scusa, sono in riunione … ti posso richiamare?” il deus ex machina è Gabriele Pignotta, che oltre a interpretare abilmente un ruolo sul palco è anche intelligente regista e splendido autore del testo. Una penna, la sua, graffiante con garbo, incisiva senza perdere di leggerezza. Un’ironia come si diceva generata dalle battute e prima ancora dalle situazioni: caratteristiche che lo collocano di diritto tra i grandi autori della commedia brillante “all’italiana” e non solo. La tensione comica è sempre mantenuta viva con continue evoluzioni della vicenda che si fa sempre più intricata, piena di sorprese e sfocia infine in un esilarante gioco degli equivoci. Anche gli attori trovano i giusti tempi comici, sono affiatati, “prendono” il palco, “arrivano” allo spettatore.

Ci troviamo in una casa abbandonata, il proprietario è morto, i vecchi amici ricordano la giovinezza mentre tolgono i teli che coprono dalla polvere divani e poltrone. Ma è tutta una finzione, il presunto morto è vivo e vegeto e ha inscenato l’inganno nel tentativo di rilanciare la sua fallimentare carriera nell’ambito dello show business di infima levatura. Gli ex compagni di scuola si ritrovano a essere inconsapevoli attori in un reality show, filmati a loro insaputa.

I quadri a tappezzeria appesi nella parete di fondo (scene di Matteo Soltanto) si rivelano essere finestre dalle quali il regista del reality, assiso a una consolle illuminata come la postazione di un dj (luci Matteo Sperduti) spia le reazioni del gruppo (costumi Valter Azzini). Solo una di loro è al corrente delle telecamere nascoste ed è il personaggio al quale spetta il compito di evidenziare le assurdità che si compiono per apparire in TV, per essere protagonisti per un giorno. Mentre il gruppetto di ignari attori, in un crescendo scoppiettante (musiche di Stefano Switala) svela sempre più le umane risibili fragilità, il regista del reality manipola le immagini e taglia le frasi in modo da far apparire i soggetti come non sono, montando ad arte delle situazioni mirate a fare ascolti, non importa se in positivo o in negativo, non importa se calpestando i vecchi amici. I quali saranno poi posti dinanzi all’interrogativo se accettare o meno di apparire falsamente in cambio di un’ora da divi.

Questo livello di lettura dà spessore al testo ma non lo appesantisce. Anzi, lo vivacizza ulteriormente grazie anche all’intuizione del regista (vero) di far recitare agli attori (veri) le scene al ralenti e a ritroso, rappresentazione dal vivo del nastro che si riavvolge in regia. Già visto, certo, ma Pignotta usa l’escamotage in modo originale, inserendolo nei momenti giusti e soprattutto senza calcare la mano, con grazia e buon gusto. E lo spettacolo assolve appieno alla sua missione: far ridere, ridere e ancora ridere, donando 110 minuti di allegria.

Al termine della recita, due parole rivolte al pubblico da parte della Compagnia. A fare da portavoce traboccante di simpatia è Vanessa Incontrada, nome di richiamo nella locandina, la quale ha confermato le sue doti di show woman capace di destreggiarsi con stile in diversi ambiti del mondo dello spettacolo, compreso quello teatrale. Tuttavia, va riconosciuto onestamente, in questo caso la vera protagonista è stata Siddhartha Prestinari, irresistibile, una vera mattatrice, buffa e credibile, efficace nel dosare una espressività infinita, nel muoversi a proprio agio tra situazioni paradossali e altre “normali” che le sue doti di interprete hanno tramutato in siparietti umoristici. A completare degnamente il cast, gli altrettanto validi Fabio Avaro e Nick Nicolosi a fare a benevola “gara” tra chi fosse il più bravo con i tempi comici, il più abile nel rivestire indifferentemente i ruoli di comico o di spalla, il più incisivo nel tratteggiare la psicologia del personaggio sempre condita da risvolti spassosi.

Lo spettacolo suggerisce che la smania di visibilità mediatica nella generazione dei quarantenni, dei ragazzi cresciuti ma non troppo, insicuri, disorientati, preda di manie e nevrosi, sia in realtà la ricerca di affettività, di amore e di amicizia; il bisogno spesso non percepito di ritrovare quei valori che si sono persi per strada. Contenuti senza zavorra: si ride spensieratamente, e si ride tanto.

Recensione di Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Sociale di Mantova – MantovaTeatro, il 12 dicembre 2023
Immagini scattate a Mantova da Francesco Consolini